A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

lunedì 13 dicembre 2010

ven 17 dic proiezione "E' STATO MORTO UN RAGAZZO"

lo Spazio Antagonista NEWROZ
e ZONE DEL SILENZIO
presentano

E' STATO MORTO UN RAGAZZO di F.Vendemmiati

film-documentario sull’uccisione di Federico Aldrovandi

venerdì 17 dicembre 2010
c/o lo spazio antagonista newroz
via garibaldi 72 PISA

ore 21
ingresso libero

Il film racconta i fatti accertati e i misteri che li avvolgono, il
processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una
spiegazione verosimile dell’accaduto proprio a partire da quegli
interrogativi rimasti insoluti.
È una storia che tocca da vicino i problemi del sistema dell’informazione
e della giustizia, con la violenza delle istituzioni e il diritto alla
giustizia dei cittadini.

per info:
zonedelsilenzio@autistici.org

venerdì 3 dicembre 2010

4-5 dicembre: 2 giorni sul e contro il carcere a vicopisano

*Sabato 4 - Domenica 5 Dicembre nella storica cornice del
Palazzo Pretorio di Vicopisano:*

*Sabato 4, ore 16,00*
*Presentazione del libro "condannato perché nacque"
(edizioni Ets), a cura di Lorenzo Carletti, prefazione di massimo Carlotto. *

*Intervengono:
Antonella Gioli (storica dell'arte, Università di Pisa)
Paolo Pezzino (storico, Università di Pisa)
Massimo Cervelli (Regione Toscana)
Fabio Bacci (Assessore alla cultura, Comune di Vicopisano).*

*Domenica 5 dicembre 2010, ore 16:00
INCONTRO a Cura di Zone del Silenzio:
IL CARCERE IERI E OGGI,
TRA AUTORITARISMO E CONTROLLO SOCIALE.*

sabato 27 novembre 2010

giov 2 dic proiezione film "E' STATO MORTO UN RAGAZZO"

giovedì 2 dicembre 2010
c/o il cinema ARSENALE
vicolo scaramucci 4 PISA


la biblioteca FRANCO SERANTINI
e ZONE DEL SILENZIO

E' STATO MORTO UN RAGAZZO di F.Vendemmiati


film-documentario sull’uccisione di Federico Aldrovandi


ore 20
ingresso 3 euro

Il film racconta i fatti accertati e i misteri che li avvolgono, il processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una spiegazione verosimile dell’accaduto proprio a partire da quegli interrogativi rimasti insoluti.
È una storia che tocca da vicino i problemi del sistema dell’informazione e della giustizia, con la violenza delle istituzioni e il diritto alla giustizia dei cittadini.
Una storia diversa ma tragicamente simile a quella che nel
1972 portò alla tragica morte di Franco Serantini nella nostra città.

per info:
zonedelsilenzio@autistici.org
biblioteca@bfs.it

mercoledì 24 novembre 2010

spettacolo teatrale INSANAMENTE MIA


DOMENICA 28 novembre 2010
c/o il cirolo arci unita al CEP
in via boccherini 14 PISA

il progetto ZENA in collaborazione con
il collettivo antipsichiatrico a.artaud
presentano

INSANAMENTE MIA

azione teatrale del laboratorio zena

ore 19:30 apericena
ore 21 spettacolo

7 euro

"la realtà è terribilmente superiore
ad ogni storia, a ogni favola, a ogni divinità
a ogni surrealtà" a.artaud


per info e prenotazioni:
zeta.lab@email.it
3280254173

martedì 23 novembre 2010

COMUNICATO STAMPA DEL TELEFONO VIOLA DI MILANO


TELEFONO VIOLA DI MILANO – CONTRO GLI ABUSI DELLA PSICHIATRIA
Via tei Transiti 28 Tel. 022846009
LA CONTENZIONE FISICA IN OSPEDALE

DOPO L’SPDC DELL’OSPEDALE DI VALLO DI LUCANIA
E DOPO L’SPDC DELL’OSPEDALE SANTISSIMA TRINITÀ DI CAGLIARI
LO SCANDALO DEI REPARTI PSICHIATRICI DELL’OSPEDALE DI NIGUARDA


Nella maggior parte dei reparti di psichiatria degli ospedali italiani anche dopo la legge 180 è rimasta l’usanza manicomiale di legare i ricoverati al loro letto.
Le agghiaccianti immagini in diretta della morte di Francesco Mastrogiovanni, morto legato ad un letto di contenzione nell'Ospedale di Vallo della Lucania il 4 agosto 2009, e la morte di Giuseppe Casu, avvenuta il 22 giugno 2006, quando anch’egli era legato ad un letto di contenzione dell’Ospedale Santissima Trinità di Cagliari, e di cui in questi mesi si sta celebrando il processo, sono una testimonianza dell’orrore a cui può arrivare la pratica della coercizione nei trattamenti psichiatrici.
Anche negli SPDC (Sevizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) dell’Ospedale di Niguarda si usa legare i ricoverati al loro letto ed imporre terapie farmacologiche non accettate.
Il Telefono Viola di Milano è in grado di denunciare pubblicamente alcuni gravissimi abusi avvenuti in questi ultimi anni nei reparti di Psichiatria 1 e Psichiatria 3 (Grossoni 1 e Grossoni 3).
Al reparto di Psichiatria 2 (Grossoni 2), inoltre, il primario e la grande maggioranza degli psichiatri del reparto hanno portato avanti una iniziativa collettiva contro l’unica psichiatra che privilegi il
rapporto umano e fiduciario con i pazienti e sia contraria alle contenzioni fisiche. L’iniziativa è culminata nella sospensione della D.sa Nicoletta Calchi da parte del Consiglio di Disciplina dell’Ospedale. Tale sospensione ha dato luogo ad una delle più clamorose e imponenti proteste di pazienti dell’intera storia dell’Azienda Ospedaliera di Niguarda Ca’ Granda e dell’intera Lombardia: ben 112 suoi pazienti, insieme ad altre centinaia di persone, hanno firmato una lettera in cui chiedono il rispetto dei principi della legge180 all’interno dei reparti psichiatrici di Niguarda ed il reintegro pieno nelle sue funzioni della loro psichiatra di fiducia.

Legare i ricoverati al loro letto è una forma di tortura che non ha alcuna giustificazione ammissibile.

Parafrasando “1984” di Gorge Orwell (Il fine della tortura è la tortura ) possiamo ben dire che: il fine della contenzione fisica è la contenzione fisica.

Telefono Viola di Milano: per informazioni tel. 333 463 7025

mercoledì 17 novembre 2010

PRESENTAZIONE FUMETTO "NON MI UCCISE LA MORTE" SUL CASO CUCCHI

SABATO 20 NOVEMBRE 2010 a PISA
ZONE DEL SILENZIO
presenta il fumetto

“NON MI UCCISE LA MORTE”
di Luca Moretti e Toni Bruno

interverranno gli autori e i genitori di Stefano Cucchi


a seguire aperitivo

Dedicato alla vicenda di Stefano Cucchi un fumetto per non dimenticare.
Morire ad appena 31 anni quando si ha ancora tutta la vita davanti è
già di per sé un evento tragico ed ingiusto.
Ma morire a 31 anni in carcere per l’incuria di chi è troppo cieco per vedere la
gravità degli eventi e poi cerca di nascondere la verità è qualcosa di assolutamente inaccettabile.


zonedelsilenzio@autistici.org

lunedì 8 novembre 2010

presentazione del libro "IL SOPRAVVISSUTO" di e con Sabatino Catapano

GIOVEDì 18 NOVEMBRE
c/o l' AULA MAGNA DI SCIENZE POLITICHE
in via serafini 2

il COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
presenta
ore 20 apericena

ore 20:30 proiezione del video
"quando la dignità diventa follia"
di Andre Searle Villaroel

e a seguire presentazione del libro
"IL SOPRAVVISSUTO" con la presenza dell'autore SABATINO CATAPANO


un video e un libro sulla vita in carcere e in manicomio criminale (OPG)
di Sabatino Catapano costretto ad internamenti per 15 anni.
l'OPG è l'ultimo anello della catena psichiatrica-repressiva, la
dimensione più dura della reclusione. Di fronte alla barbarie della tortura, della
contenzione la necessità di mettere in discussione l'organizzazione
della società, la psichiatria e le discriminazioni per gli esclusi e i
"diversi".


collettivo antipsichiatrico a.artaud-pisa

per INFO:
antipsichiatriapisa@inventati.org
artaudpisa.noblogs.org
335 7002669

mercoledì 3 novembre 2010

comunicato del tel viola di milano sulla morte di Tullio Ceccato in psichiatria a Milano

è morto Tullio Ceccato il 27-10-2010
NEL REPARTO di PSICHIATRIA (SPDC) -GROSSONI 3 DELL' OSPEDALE
DI NIGUARDA CA GRANDE A MILANO.




TULLIO CECCATO è MORTO tra la notte di martedi e mercoledi,
IN STATO DI CONTENZIONE FISICA nel reparto di psichiatria
dell' SPDC GROSSONI 3 dell'Azienda Ospedaliera DI NIGUARDA CA GRANDE a Milano
Era in stato di contenzione da lungo periodo con apposito"SPALLACCIO" metodo o corsetto di contenzione che non permette movimenti.
La morte è sopraggiunta PER EMBOLIA POLMONARE.
NEL PROTOCOLLO DELLE CONTENZIONI, in uso nei reparti di psichiatria,
si legge che il paziente contenuto con lo spallaccio o corsetto ,deve
ricevere terapia di anticoagulanti (calcieparina) e deve essere monitorato ogni 15 minuti.
A lui sembra che non gliela hanno data!!!!
al di la delle "belle e argute nonche' scientifiche affermazioni di questi assassini legali" che si rilanciano anche e ancora nei "metodi" già noti ,come nel passato i loro predecessori della SANTA INQUISIZIONE , i nuovi argomentano, ma purtroppo sperimentano, le torture sugli inermi.
A differenza dei loro "maestri dell' 1500 , che non si preoccupavano di lasciare tracce,i nuovi invece demandano attraverso protocolli,informative documenti, le LORO TECNICHE DI ABBATTIMENTO,DI COME NON LACERARE LE CARNI E DI NON FAR COMPARIRE
LE ULCERE DA DECUPITO O DA LACERAZIONE,UTILIZZO DELLE CINGHIE DI VARI
MATERIALI.

Noi che siamo spesso andati a "visitare" questi lager "nei cosidetti
ospedali civili "sappiamo che già al trattamento sanitario obbligatorio o falso
volontario, le persone SUBISCONO OGNI ONTA E PREGIUDIZIO,
dal cosidetto personale medico-infermieristico. Sappiamo che comunque quei
pochi operatori e qualche psichiatra che si OPPONGONO ,
vengono a loro volta ,isolati o mobbizzati come sta succedendo alla dott.ssa N.C.Novati.
( La psichiatra ha ripetutamente segnalato la mancata applicazione della Legge
Basaglia 180/78 presso il reparto di psichiatria e per tale motivo è stata
dichiarata incompatibile con il suo gruppo di lavoro. )

Tullio con noi e con il collettivo del telviola, aveva la sua storia, e
fino a un mese fa spesso passava in via dei transiti come molti e
frequentava centri sociali,nel 1997 eravamo riusciti con un blitz a
portarlo via dal reparto di psichiatria di Ville Turro (psichiatria dell'
ospedale S.Raffaele struttura privata convenzionata) dove praticano la TEC (terapia
elettro convulsiva ) questo, cosi per fare un po' il quadro,della situazione ,
che poi lui in fin dei conti aveva in parte accettato una sorta di
compromessi con la famiglia e la psichiatria...
In questo momento possiamo solo dare alcune notizie che ci sono giunte
dalla N.C.Novati(che attualmente è stata sospesa con un prcedimento
disciplinare, intentato dal suo primario del rep. Grossoni 2 dell'
ospedale di Niguarda e dal Direttore del DSM).


c' n' est un debut ,continuons les combats..

in memoria del Compagno Tullio Ceccato..
P$IKIATRI ASSASSINI ABBATTERE I MURI LIBERARCI TUTTI
COLLETTIVO DEL TELEFONO VIOLA DI MILANOT28 telviola@ecn.org

domenica 17 ottobre 2010

CARCERE: ERGASTOLO OSTATIVO, REATI OSTATIVI E REGIMI DETENTIVI SPECIALI

ZONE DEL SILENZIO
presenta
CARCERE: ERGASTOLO OSTATIVO, REATI OSTATIVI E REGIMI DETENTIVI SPECIALI

**Giovedì 28 Ottobre Biblioteca Comunale di Pisa
(Lungarno Galilei 42)

ore 20 Apericena
ore 21 DIBATTITO

Intervengono:

- Nicola Valentino (Sensibili alle Foglie, autore di Ergastolo)
- Avv. Simonetta Crisci.

Nel corso dell'iniziativa verrà presentato
il video “percorsi sbarrati”,
e un intervento dal carcere di Carmelo Musumeci,
ergastolano in lotta.*


I "reati ostativi", come i reati associativi e di natura politica,
escludono i condannati da ogni misura alternativa alla detenzione. L'ergastolo
ostativo significa vivere tutta la propria esistenza in carcere, senza una
speranza o una possibilità, una condanna alla morte lenta.
Rompiamo il muro del silenzio!


per info:
zonedelsilenzio@autistici.org

venerdì 1 ottobre 2010

CENA A SOSTEGNO DI ZONE DEL SILENZIO

Venerdì 8 ottobre 2010 ore 20.30
c/o circolo a.r.c.i. "Unità" del CEP
via L. Boccherini 14 -Pisa-

CENA DI AUTOFINANZIAMENTO E IN SOSTEGNO DELLE PROSSIME INIZIATIVE, TRA LE QUALI UNA SERATA SULL'ERGASTOLO OSTATIVO, REATI OSTATIVI E REGIMI DETENTIVI SPECIALI IN PROGRAMMA PER IL 28 OTTOBRE.

Menù

Antipasto: Crostini fantasia
Primo: Bordatino
Secondo: Tris di rustici
Contorno: Insalata mista
Dolce: Tiramisù


10 EURO


per info e prenotazioni scrivere a antipsichiatriapisa@inventati.org


Zone del silenzio è un gruppo di persone, donne e uomini,
giovani e meno giovani, impegnati attivamente in diversi ambiti della
vita sociale, che lavora sulle istituzioni totali.
Facciamo parte di diverse associazioni e collettivi che a Pisa, in
maniera del tutto auto-organizzata, da tempo informano e mobilitano
sulle tematiche della psichiatria, del carcere, del proibizionismo,
dell'antirazzismo e dell'antifascismo, dei mass-media e
dell'università.
L'odierna società è claustrofobica, mediatica, antilibertaria,
antidemocratica ma è soprattutto autoriataria e repressiva.
Oggi è possibile morire in piazza per le proprie idee, finire in galera
per essersi imbattuti in un posto di blocco o per aver
tenuto un comportamento ritenuto "deviante".
Le istituzioni totali di cui questa società si serve sono delle zone
d'ombra, lontane dallo sguardo comune e dove
qualsiasi abuso è permesso anzi queste istituzioni sembrano aver
istituito un modello autoritario in cui i diritti e le idee
restano inespressi. Noi dobbiamo gettare luce su queste zone d'ombra e
dare voce a chi nella repressione e nell'idifferenza
sembra oramai muto. Dobbiamo irrompere nelle Zone del Silenzio.

mercoledì 8 settembre 2010

IL CASO DI GIUSEPPE D.

Un uomo ultrasettantenne è stato internato nel manicomio criminale di Reggio Emilia
al culmine di 14 anni di persecuzione psichiatrica e processuale.
Motivo principale della persecuzione è che la figlia del vicino del piano di sotto è una psichiatra.
Il Telefono Viola è intervenuto a fianco del suo avvocato (Carmen Pisanello di Reggio Emilia), ma al momento la situazione non si è ancora risolta. Il Sig. Giuseppe D., coadiuvato dall'Avv. Pisanello,
ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in seguito alla negazione da parte del Tribunale di Sorveglianza di Bologna del diritto all'appello contro la proroga dell'internamento(decisione successivamente confermata dalla Cassazione).
La Corte Europea tarda a prendere una decisione, pertanto in accordo con il Sig. Giuseppe,il suo avvocato e i familiari, abbiamo scelto di diffondere in internet la documentazione raccolta e prodotta dal Telefono Viola su questo caso.

La speranza è che prima o poi finisca sotto l'attenzione dei giudici europei, accelerandone le decisioni.
DIFFONDETE il documento, datene visibilità sul vostro blog, social network (facebook, twitter, ecc.).
Aiutiamo Giuseppe D. a uscire dall'incubo!

La documentazione è possibile scaricarla e leggerla andando
sul sito del telviola www.ecn.org/telviola

COLLETTIVO DEL TELEFONO VIOLA DI MILANO-T28 OCC.
via dei transiti 28
www.ecn.org/telviola
02.2846009
tutti i mercoledi dalle 17.00 alle 20.00
segreteria attiva 24 su 24

mercoledì 30 giugno 2010

CENA A SOSTEGNO DI MARIA CIUFFI MADRE DI MARCELLO LONZI

OSSERVATORIO ANTIPROIBIZIONISTA CANAPISA CREW

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
presentano:

APERITIVO MUSICALE + CENA

PER SOSTENERE LE SPESE LEGALI DI MARIA CIUFFI, MADRE DI MARCELLO LONZI,
UCCISO L'11 LUGLIO 2003 NEL CARCERE DI LIVORNO.

martedì 6 luglio 2010

ore 20.00

c/o Rebeldia
via Battisti 51 Pisa

MENU': crostini misti
lasagne vegetariane
involtini vegetariani
contorno
mousse di ricotta

10 EURO

per info e prenotazioni: 335 7002669
antipsichiatriapisa@inventati.org

martedì 8 giugno 2010

CANAPISA 2010: LA DIVERSITÀ FA PAURA, LA NORMALITÀ UCCIDE!

In questi mesi abbiamo assistito ad una vera e propria negazione da parte del comune di Pisa dei diritti fondamentali quali il diritto a manifestare, il diritto alla casa e il diritto di godere di spazi sociali liberi. Il servilismo mediatico nei confronti di una politica arrogante e priva di contenuti non ha tardato a manifestarsi; campagne che attaccano e screditano chi lotta per soddisfare bisogni concreti e reali: chi occupa le case sfitte perché non riesce a pagare affitti troppo alti,strappandole alla speculazione edilizia oltre che all'abbandono e al degrado;chi apre alla città spazi portatori di istanze di socialità altra, avviando importanti progetti socioculturali, o come le occupazioni portate avanti dagli studenti universitari che, pur pagando le tasse, non possono usufruire degli spazi universitari per fare iniziative culturali, finalizzate alla creazione di saperi critici e alla loro socializzazione. Per le istituzioni tutto si risolve in un problema di ordine pubblico, in una questione di legalità e illegalità, per cui si buttano per strada otto famiglie, si sgomberano gli spazi sociali, si tenta di vietare manifestazioni. Non si trova da parte delle istituzioni uno spazio di discussione verso un tessuto sociale, culturale e politico vivo e partecipato.
Nessun impegno ad affrontare la crisi economica e la precarietà dei cittadini, nessun intervento per fermare i fenomeni speculativi in città, nessuno per permettere a collettivi e associazioni di proseguire il loro fondamentale lavoro. Le risposte si limitano alla violenza delle forze dell'ordine, all'acquisto di telecamere per la videosorveglianza. Il dibattito di quest'anno in merito al canapisa ne è un esempio lampante, poiché il comune voleva arrogarsi il potere di vietare la manifestazione, di negare il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie idee.
Siamo qui oggi per ribadire l'importanza politica del canapisa e della lotta antiproibizionista, che invece di penalizzare a priori l'uso di sostanze, si occupa di fare informazione e riduzione del danno, di mettere in evidenza le contraddizioni del sistema normativo italiano che punisce di più un tossicodipendente che un evasore fiscale( la legge Fini-Giovanardi insieme alla Bossi-Fini è la causa principale del sovraffollamento delle nostre carceri)di difendere i tanti lavoratori che perdono il posto a causa dei nuovi controlli antidroga,che ben poco hanno di scientifico e molto di persecutorio.
In quanto collettivo antipsichiatrico sottolineiamo come proibizionismo e psichiatria rappresentino due facce della stessa medaglia, e come di conseguenza le lotte dei movimenti antipsichiatrico e antiproibizionista siano affini su vari punti: la rivendicazione della libertà di scegliere per se stessi ed il rifiuto di patologizzazione dei comportamenti all'interno di categorie stabilite da chi ha interesse a farlo. Nella nostra società,infatti, ogni pensiero critico e ogni comportamento differente e non conforme alle convenzioni sociali viene considerato elemento di disturbo e di pericolo, e trasformato in mostro immaginario: terrorista, drogato, violento, matto come un tempo vi erano la strega, l'eretico,il vagabondo,l'omosessuale. La stigmatizzazione e la medicalizzazione dei comportamenti “devianti” son funzionali alla volontà di controllo da parte del potere, poiché permettono di velocizzare il processo di osservazione, isolamento e normalizzazione dei nostri comportamenti. Sempre più si accentua la pericolosa tendenza a una vera e propria medicalizzazione di massa, che va a toccare fasi naturali della vita – dall'infanzia – con programmi di screening nelle scuole – alla vecchiaia, con particolare accanimento verso le donne(disturbo disforico premestruale, depressione post partum ecc..).
Al disagio che quotidianamente viviamo per motivi reali e concreti – la crisi economica, la precarietà, la mancanza di soddisfazione personale e di prospettive future, le condizioni e i ritmi di vita e di lavoro spesso disumani, -la psichiatria risponde sempre allo stesso modo, con diagnosi-etichette e cure farmacologiche che tendono a isolare l'individuo da una dimensione di socialità.
Esempio lampante di questo discorso è la doppia diagnosi inserita con la legge Fini-Giovanardi, che inquadra il consumatore di sostanze psicoattive come malato mentale da trattare con cure psichiatriche. In tal modo si è rinforzato il legame tra proibizionismo e psichiatria e si è trasformata la questione del consumo di sostanze da sociale a penale nonché sanitaria, per cui la gestione delle tossicodipendenze viene delegata all' istituzione psichiatrica, con grandi profitti per l'industria del farmaco e di quella del recupero e della riabilitazione. É un paradosso difficilmente spiegabile vietare da un lato l'uso di sostanze psicoattive classificate come illegali e dall'altro prescrivere sostanze psicoattive legali per curare le tossicodipendenze!La psichiatria, obbliga inoltre all'uso di psicofarmaci persone che non erano solite far uso di sostanze psicotrope, allargando il numero di consumatori e di dipendenti da tali sostanze.
Non è chiaro cosa oggi differenzi le sostanze legali da quelle illegali, dal momento che la stessa sostanza psicoattiva diviene un farmaco se prescritta da un medico e commercializzata in farmacia, così come il Ritalin (metanfetamina) un tempo assolutamente illecito e oggi usato come cura per bambini “affetti da ADHD” ( sindrome da deficit di attenzione e iperattività).
Nonostante lo stato proibizionista evidenzi continuamente i danni delle droghe, lo stesso non avviene con i “legali” psicofarmaci, che dovrebbero essere prescritti dietro consenso informato, ma di cui invece vengono sempre taciuti i gravi effetti collaterali, i fenomeni di dipendenza e di assuefazione ad essi correlati(del tutto simili a quelli causati dalle sostanze illegali classificate come droghe pesanti) ed i danni permanenti e gravissimi procurati da un uso prolungato.
La diffusione e l'abuso di queste “droghe legali”, è incentivato dalla macchina statale a scopo contenitivo, e spinta da forti interessi di mercato. Gli psicofarmaci rappresentano le “nuove camicie di forza”, ciò che ha insinuato la “manicomialità” nelle nostre case. A questo fine “gli invisibili strumenti di contenzione” (soprattutto benzodiazepine) sono giornalmente dispensati all'interno delle carceri e dei CIE: il loro uso diffuso, abituale e indiscriminato, è favorito dalla direzione per tenere a bada i detenuti attraverso il controllo chimico del loro umore, per lenire loro l'ansia da carcerazione e per fargli sopportare le gravi situazioni di degrado e sovraffollamento che sono costretti a subire. Così come il proibizionismo serve a mantenere e alimentare gli interessi del mercato nero, la psicofarmacologia serve a riempire le casse delle multinazionali farmaceutiche, le stesse che finanziano “ricerche” per definire sempre nuovi pseudo-disturbi psichiatrici, le stesse che costruiscono campagne pubblicitarie a sostegno della naturale diffusione delle affezioni nell'ottica di legittimare la conseguente panacea farmacologica.
Il business del farmaco induce così bisogni e consumi standardizzati, ricavando strepitosi guadagni e trasformando il concetto di salute in un bene di consumo ed il ministero della sanità in agenzia promozionale fautrice di propagande disinformative.
Siamo qui per contestare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche, che operano una guerra quotidiana contro la libertà individuale.
Siamo qui per ribadire il nostro rifiuto all'idea di “normalità” come vincolo del “socialmente accettabile” e la catalogazione di chi fa spontaneamente uso di sostanze come “deviato”.
Siamo qui per smascherare l'interesse economico che si cela dietro l'invenzione di malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Siamo qui per chiedere quale sia la reale differenza tra droghe e psicofarmaci, tra sostanze psicotrope legali e quelle illegali: legalità e illegalità, sono parole che abbiamo sentito nominare troppo spesso in questi giorni a Pisa, e che in questo caso, così come nelle questioni cittadine a cui abbiamo accennato hanno dei confini al quanto incerti e contraddittori.


Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org – www.artaudpisa.noblogs.org - 3357002669

giovedì 27 maggio 2010

Il caso Mastrogiovanni

il collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
la biblioteca Franco Serantini
presentano:

dalla repressione alla contenzione..quando la psichiatria uccide:
Il caso Mastrogiovanni

Francesco Mastrogiovanni: 58 anni muore il 4 agosto 2009, ricoverato 4
giorni in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) a Vallo della
Lucania. Durante tutto il suo ricovero fu alimentato solo con soluzioni
fisiologiche, legato al letto per 80 ore in una posizione in cui è
compromessa la normale funzione respiratoria, sedato con farmaci
antipsicotici, senza essere monitorato dal personale. Ai polsi e alle
caviglie recava escoriazioni larghe 4 centimetri.

SABATO 5 GIUGNO 2010 alle ORE 16:30
al Saloncino del comitato di gestione" della Provincia
c/o complesso scolastico Concetto Marchesi via betti Pisa

proiezione delle riprese dalla telecamera di sorveglianza
del reparto psichiatrico di Vallo della Lucania

interverrano:
rappresentanza del Gruppo Germinal-Carrara
comitato giustizia per franco-Salerno
zone del silenzio-Pisa

a seguire dalle 19 aperitivo e buffet

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

mercoledì 28 aprile 2010

CAMICI E DIVISE: STORIE DI VIOLENZE E CONNIVENZE

In questi anni la psichiatria ha enormemente e capillarmente incrementato il suo
potere: non solo oggi assistiamo ad una sempre crescente medicalizzazione di
massa e patologizzazione dei comportamenti umani, che accompagnano tutte le
fasi della nostra vita, dall’infanzia alla vecchiaia, ma anche ad un incremento del
suo ruolo d’azione e di repressione a fianco delle forze dell’ordine e all’interno delle altre istituzioni totali. Troppo spesso infatti la psichiatria, e la medicina in genere, diviene complice ed alleata partecipe - o comunque omertosa - delle violenze e dei pestaggi operati dalle forze dell’ordine: vi è una connivenza ed una corresponsabilità
dei camici bianchi non solo nel momento in cui scrivono perizie omettendo la vera
causa della morte (come la presenza di evidenti segni di percosse), ma soprattutto
nel lavorare fianco a fianco con chi queste violenze le perpetra quotidianamente
all’interno dei CIE (Centri di Identificazione ed espulsione) e delle carceri. Il medico,
nelle case circondariali, lavora a stretto contatto con gli agenti, e ha primariamente
un ruolo da “manutentore”, dovendo garantire il benessere psico-fisico del
detenuto, perché l’istituzione per cui lavora esige ordine e non esiste ordine
se non attraverso “la salute” del detenuto. Automaticamente il medico assume
quindi anche poteri custodiali, e quasi sempre è consapevole dei pestaggi poiché
è piuttosto frequente che il detenuto picchiato venga poi portato in infermeria per
“un controllo” con addosso i segni che rendono evidente la violenza subita, ma
mai li denuncia. La direzione delle carceri favoreggia inoltre l’uso diffuso, abituale
(tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi, soprattutto benzodiazepine, per
tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i detenuti, che, pur non facendo uso
di stupefacenti, vengono così indirizzati verso la psicofamacologia. Invece di avere
come fine primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l’uso di psicofarmaci,
che permette di controllare chimicamente l’umore dei detenuti , di lenire l’ansia
della carcerazione, e per questo motivo vengono appoggiati dalla direzione.
L’istituzione carceraria si serve così della psichiatria per stemperare il conflitto, e
garantirsi una maggiore sopportazione, da parte dei detenuti, delle situazioni di
degrado e sovraffollamento che sono costretti
a subire.
Gocce di EN, TRANQUIRIT, TAVOR, LEXOTAN,
LIBRIUM, MINIAS e tutta una miriade di “sostanze
psicotrope legali” sono dunque a disposizione
dei detenuti . Lo psichiatra non può non essere
a conoscenza del fatto che le benzodiazepine
debbano essere usate per brevi periodi (per tre
o al massimo quattro settimane), poiché il loro
uso prolungato - così come dentro un carcere - è
devastante, e può arrivare persino a provocare
cambiamenti della personalità, e nel peggiore
dei casi a tramutare la carcerazione in una pena di morte. La benzodiazepina
più gettonata è il Minias, che è anche la più dannosa e quella che crea maggiore
dipendenza. Basta un anno di carcere a base di benzodiazepine per assicurarsi i
seguenti effetti indesiderati: riduzione dell’attenzione (tale da rendere pericolosa
la guida), confusione ed affaticamento, cefalea, vertigini e debolezza muscolare,
visione doppia, disturbi gastrointestinali ed epatici, cambiamenti nella libido fino
all’ impotenza sessuale, amnesia, irrequietezza, ottundimento delle emozioni,
allucinazioni e addirittura tendenze suicide. Inoltre questi farmaci sviluppano
una dipendenza fisica, e la sospensione della terapia può provocare fenomeni di
rimbalzo e di astinenza. La stessa massiccia somministrazione di benzodiazepine,
sedativi ed ipnotici avviene all’interno dei CIE, anche mescolati nel cibo all’insaputa
dei reclusi, e ad opera non di servizi specializzati, ma del personale sanitario che ha
in gestione la struttura (Croce Rossa, Misericordia, etc.): l’abuso della chimica e degli
psicofarmaci all’interno dell’istituzione totale è la sola risposta data a chi arriva nel
nostro paese e, senza aver commesso alcun reato, si trova rinchiuso in strutture
all’interno delle quali è impossibile vivere.
Anche all’interno dell’istituzione psichiatrica le pratiche sono costellate di abusi
alla persona, che vanno dalla contenzione fisica all’uso dell’elettroshock, tuttora
presentato come soluzione utile in casi che sembrano sfuggire al controllo degli
psichiatri e quando la terapia non dà i risultati sperati. I TSO (Trattamento Sanitario
Obbligatorio), eseguiti spesso con violenza dalle forze dell’ordine e dagli infermieri,
così come il legare al letto di contenzione un paziente, sono infatti prassi abituali,
abusi che i pazienti degli SPDC (Servizi psichiatrici di diagnosi e cura) subiscono
regolarmente, e che a volte possono portare anche alla morte.
Come per Giuseppe Casu, venditore ambulante sessantenne di Cagliari, reo di aver
commercializzato la propria verdura senza licenza presso il mercato del suo paese -
come faceva da anni - e per questo ricoverato il 14 giugno 2006 in TSO nell’SPDC
dell’ospedale SS. Trinità di Cagliari. Qui è rimasto legato mani e piedi al letto per sette
giorni e sedato farmacologicamente, finché non è deceduto per tromboembolia
dell’arteria polmonare il 21 giugno. I medici del reparto sono accusati di omicidio
colposo, ed sono inoltre in corso delle indagini sulla scomparsa della cartella clinica e sulla sostituzione dei reperti anatomici, esaminati in sede di autopsia, con reperti animali.
Francesco Mastrogiovanni era invece un maestro elementare anarchico di 58 anni di
Castelnuovo Cilento, ucciso il 4 agosto 2009 in regime di TSO nel reparto psichiatrico
dell’ospedale S. Luca di Vallo della Lucania. Il 31 luglio infatti, mentre si trovava in villeggiatura a Pollica, l’uomo subì un ricovero coatto, pur senza una motivazione comprovata né commisurata al cospicuo dispiegamento di forze dell’ordine. Non è
ancora chiaro il motivo per cui sia stato disposto il ricovero coatto, dato che testimoni
presenti sul luogo raccontano di un uomo tranquillo e persino collaborativo al
momento del ricovero (si fa sedare e gli consentono di farsi una doccia e bere un
caffè!). Risultano inoltre violate le procedure previste dalla legge 180 in caso di TSO,
poiché il procedimento è stato attivato da un solo medico, anziché dai due previsti,
e fatto convalidare da un sindaco diverso da quello del paese in cui si sono svolti
i fatti. Perché inoltre Francesco viene portato a Vallo nonostante il suo profondo
timore di essere condotto in quel reparto e di morirci? Per tutto il tempo del suo
ricovero all’interno del reparto, l’uomo è stato sottoposto a contenzione fisica, è
stato duramente sedato con farmaci antipsicotici, idratato e alimentato solo con
soluzioni fisiologiche, il tutto senza essere monitorato né controllato dal personale.
La conferma dell’atroce trattamento subito da Francesco arriva dalla telecamera
posizionata nella sua stanza: il video, sottoposto a sequestro, lo riprende legato
al letto nudo per 80 ore, in una posizione in cui la normale funzione respiratoria
è compromessa. Nel legittimo, prolungato ed estenuante tentativo di liberarsi,
l’uomo si procura escoriazioni larghe fino a 4 centimetri ai polsi e alle caviglie. La contenzione fisica chiaramente non è stata annotata nella cartella clinica ma ha
evidentemente provocato l’edema polmonare acuto che ha condotto alla morte
il maestro. Allo stato attuale ci sono 19 indagati: oltre ai 7 medici, anche i 12
infermieri che hanno prestato servizio nel reparto durante il suo ricovero.
Nella prassi della vita psichiatrica, non solo quindi i TSO vengono attuati con estrema
frequenza e leggerezza - e non in via del tutto eccezionale come vorrebbe la legge
180 -, ma spesso capita che anche quelli che si recano in reparto volontariamente,
nel momento in cui chiedono di poter tornare a casa, siano trattenuti tramite
pressioni e la minaccia di un provvedimento di TSO. A volte l’opera di persuasione
viene supportata dalla violenza fisica, come nel caso di Edmond Idehen, nigeriano di
38 anni morto in reparto a Bologna il 26 maggio 2007 per una crisi cardiaca mentre
infermieri e poliziotti tentavano di legarlo al letto, in seguito alla sue insistenti e
giuste richieste di uscire dal reparto, visto che vi era entrato volontariamente.
Altra pratica di cui abusa la psichiatria è l’obbligo delle cure, che tra l’altro si riduce
ad un bombardamento farmacologico, di durata indeterminata ed imposto senza
le dovute informazioni ed i dovuti controlli medici. Di tali psiocofarmaci vengono
come al solito taciuti i gravi effetti collaterali che possono causare anche la morte, come nel caso di una donna palermitana, A. S., di 63 anni morta il 28 agosto 2006 in reparto psichiatrico a Palermo, dove era entrata il 17 agosto e trattenuta per accertamenti; dopo alcuni giorni di stato comatoso provocato dai farmaci (dal 25 al 27), la donna si sarebbe risvegliata per morire la notte tra il 28 e il 29.
Anche Roberto Melino, di 24 anni, è morto per arresto cardiocircolatorio il 12
giugno 2007 nel reparto psichiatrico di Empoli, dove era entrato volontariamente,
e, manifestata la sua legittima volontà di uscire, è stato aggredito chimicamente
con neurolettici. La sera prima i familiari avevano sollecitato una visita dei medici
poiché il ragazzo ansimava e accusava problemi respiratori. Ancora resta da chiarire
se la morte sia avvenuta per cause naturali o in seguito alla somministrazione
dei farmaci; il medico di parte non ha potuto assistere all’autopsia a causa di un
fraintendimento circa l’orario della stessa (!).
Un caso emblematico di somministrazione del tutto arbitraria di psicofarmaci è
quello di Sorin Calin, ragazzo rumeno di 24 anni, morto il 20 ottobre 2009 nel
tragitto dalla caserma dei carabinieri di Montecatini Terme al reparto dell’ospedale
di Pistoia a causa della somministrazione di un ansiolitico, il Midazolam,
controindicato in caso di contemporanea assunzione di alcool, motivo per cui era
stato fermato ed accompagnato in caserma. Secondo l’unica versione, ovvero quella
dei carabinieri che chiamano il 118, il giovane “dà in escandescenza”, sbattendo
contro il muro e contro il pavimento (così i carabinieri motivano i lividi trovati
sul corpo!). I sanitari intervengono somministrandogli il potente sedativo, e più
tardi i carabinieri effettuano una nuova chiamata al 118 perché non riescono più
a svegliare il giovane, che arriva all’ospedale già cadavere. Il medico, l’infermiere
e tre volontari del Soccorso Pubblico sono stati sentiti dai carabinieri del reparto
operativo di Pistoia, ma per ora nessuno è iscritto nel registro degli indagati! Il
medico, che ha effettuato la somministrazione nonostante fosse consapevole
dell’alcol assunto da Sorin, dichiara di aver agito in piena coscienza , supportato
dall’ASL, che, interrogata in merito, ha descritto la procedura come “regolare”. Ciò
ci lascia molto perplessi, in quanto il foglietto illustrativo del Midazolam cita tra le controindicazioni la somministrazione del farmaco in caso di intossicazione acuta da alcol. Tra l’altro si afferma anche che l’iniezione di tale sedativo “deve avvenire solo nelle strutture in cui sono disponibili apparecchiature per
la rianimazione”, mentre in questo caso è avvenuta nella
caserma dei carabinieri.
Analogo è il caso di Giuseppe Uva, morto il 14 giugno 2008
nel reparto psichiatrico di Varese. Nonostante i carabinieri, che avevano richiesto il provvedimento di TSO, parlassero di evidente stato di ubriachezza, i medici gli somministrarono tre ansiolitici (Tavor, En e Solfaren) ed un anestetico,
causandone il decesso. Uva era giunto in ospedale con ematomi, escoriazioni, e perdita di sangue dall’ano, evidenti
conseguenze del pestaggio che aveva subito in caserma
per mano di carabinieri e polizia nelle 4 ore precedenti al TSO. L’intero caso è emblematico: perché quando un
amico di Giuseppe, testimone del pestaggio chiama il 118, i carabinieri ne bloccano l’intervento? Perché ben 4 ore dopo il fermo saranno i carabinieri stessi a richiedere un intervento di TSO?
Perché i medici del reparto psichiatrico non hanno prestato ad Uva le cure necessarie (il pestaggio subìto era evidente), anziché procedere alla somministrazione arbitraria
di psicofarmaci? Perché somministrare ansiolitici incompatibili con alcol? Perché
finora non sono stati eseguiti gli esami radiologici, per evidenziare eventuali fratture
sul corpo del giovane, visto che presentava evidenti segni di percosse? Dove sono
finiti - e chi ha fatto sparire - referti importanti come lo slip sporco di sangue? Gli
unici indagati sono per ora i due medici, per omicidio colposo dovuto ad errata
somministrazione di farmaci, ma i familiari chiedono la riapertura delle indagini,
e hanno recentemente presentato un esposto alla Procura di Varese, chiedendo
di effettuare un’autopsia più accurata sul corpo del giovane e di interrogare l’unico
testimone del fermo e del pestaggio, l’amico Alberto, ancora mai sentito.
Non può che rimanere il dubbio su queste vicende, vere e proprie morti di Stato
sulle quali è necessario fare chiarezza! Come non si mette in discussione l’operato
delle forze dell’ordine, ancor meno si mette in discussione quello della psichiatria, il cui giudizio e metodo sono insindacabili grazie all’autorevolezza datagli dall’essere
considerata una scienza medica, nonostante sia priva di comprovate basi scientifiche.
In realtà questa falsa scienza, come le altre istituzioni totali, abusa del suo potere sulle persone ed è anch’essa una zona di silenzio, una zona d’ombra impenetrabile e lontana dagli sguardi della collettività, in cui è possibile commettere ogni sorta di abuso avvalendosi di sicura impunità.

MORIRE IN REPARTO: storie di ordinaria psichiatria

L’attuale modello societario per un’efficiente governance ha sempre più la
necessità di ridurre le complessità espresse da ciascun individuo, di codificare
e stigmatizzare i comportamenti umani, dividendoli in buoni/cattivi e giusti/
sbagliati. La paura, ottimo collante sociale, è coltivata e diretta nei confronti di
chi è diverso, di ogni pensiero critico e di ogni comportamento non conforme/
deviante, che viene considerato elemento di disturbo e di pericolo, trasformato
in mostro immaginario: terrorista, drogato, violento, matto.
Il potere psichiatrico, come le altre istituzioni securitarie (forze dell’ordine, carceri, CIE, OPG), non è che un ulteriore potente strumento repressivo e di controllo per isolare, emarginare, contenere e normalizzare le persone che non si adeguano all’ordine sociale dominante.
Come non si mette in discussione l’operato delle
forze dell’ordine, ancor meno si mette in discussione quello della psichiatria,
il cui giudizio e metodo sono insindacabili grazie all’autorevolezza datagli
dall’essere considerata una scienza medica, nonostante sia priva di comprovate
basi scientifiche. In realtà questa falsa scienza, come le altre istituzioni totali,
abusa del suo potere sulle persone ed è anch’essa una zona di silenzio, una zona
d’ombra impenetrabile e lontana dagli sguardi della collettività, in cui è possibile
commettere ogni sorta di abuso avvalendosi di sicura impunità.
La psichiatria serve ad arginare qualsiasi critica sociale e a normalizzare quei
comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento
dello status quo, al fine di estendere il controllo sociale e la possibilità di
intervento normalizzante da parte delle istituzioni. In questi anni la falsa scienza
psichiatrica ha notevolmente ampliato il proprio campo d’intervento. Invadendo
le nostre esistenze, sminuisce le sofferenze umane riducendole a disturbi biochimici della mente, sempre più interpretati come patologie genetiche
del soggetto. Se è vero che assistiamo ad una sistematica
diffusione del disagio, è vero anche che le cause vanno
ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci
viene imposto, che esige sempre più efficienza e concorrenzialità.
In cambio ci viene offerta una precarietà sempre più diffusa che genera senso di inadeguatezza e ostacola prospettive di emancipazione. Come risposta a ciò abbiamo la medicalizzazione di quelli che sono gli eventi naturali della vita e di quei comportamenti non conformi agli standard sociali.
Le reazioni dell’individuo al carico di stress
cui si trova sottoposto vengono interpretate quali sintomi di malattia e le
risposte che riceviamo sono sempre dello stesso tipo: diagnosi-etichetta e cura
farmacologica.
Le pratiche e i dispositivi psichiatrici, che hanno portato alla morte di molte
persone in questi anni sono una diretta eredità dei manicomi, in quanto la legge
180, nonostante li abbia chiusi, ha però mantenuto inalterato il principio in base
al quale chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato mentale”
e rinchiuso, anche solo perchè rifiuta di curarsi - o rifiuta la tipologia di cura
impostagli - attraverso il ricovero coatto (Trattamento Sanitario Obbligatorio) in
reparti specializzati e chiusi.
Con la chiusura dei manicomi, la psichiatria ha raggiunto più potere ed una
migliore accettazione sociale come scienza medica: essa è riuscita a sbarazzarsi
di camicie di forza, sbarre, e degli strumenti più violenti - nonostante continui
ad usare letti di contenzione ed elettroshock -, sostituendoli con cure massicce
ed obbligatorie di psicofarmaci, ma ha mantenuto le sue pratiche lesive della
libertà individuale.
Dal momento in cui viene presa in cura dal Servizio di Salute Mentale, il più delle
volte la persona finisce per perdere la propria autonomia, il proprio lavoro, la
gestione della propria vita, del proprio tempo, dei propri affetti, del proprio
corpo e la sua parola comincia ad avere sempre meno peso di fronte a quella di
medici e familiari. Se pensiamo che a questo si aggiungono i gravi problemi fisici
dovuti agli psicofarmaci - che tra l’altro provocano spesso ansia e depressione! -
o il trauma provocato da esperienze dolorose come un’interdizione, un TSO, la
reclusione immotivata, l’aggressività e le minacce subite in reparto, possiamo
capire il motivo dei tanti suicidi all’interno dei reparti o fuori.
Le grandi strutture manicomiali sono state dunque sostituite da più piccole
strutture capillarmente diffuse sul territorio, all’interno delle quali continuano
a perpetuarsi sia l’etichetta di “malato mentale” sia i metodi coercitivi e violenti
della psichiatria: come si moriva nei manicomi, si muore oggi nei reparti
psichiatrici e negli OPG, in circostanze sospette, oscure, che però non suscitano
alcun interesse nell’opinione pubblica e nei mass-media.
È però importante sottolineare come le morti in psichiatria non siano riconducibili
ad episodi di malasanità, termine che indica un dis-servizio, la mancanza di cure
da parte del sistema sanitario, ma al contrario sono tragiche conseguenze di
pratiche quotidianamente perpetrate all’interno dei reparti psichiatrici.
I TSO eseguiti spesso con violenza da forze dell’ordine e infermieri, così come il
legare al letto di contenzione un paziente sono prassi abituali, abusi che i pazienti
degli SPDC (Servizi psichiatrici di diagnosi e cura) subiscono regolarmente e che
a volte portano anche alla morte. Come nel caso di Francesco Mastrogiovanni
(morto il 4 agosto del 2009 a Vallo della Lucania) e Giuseppe Casu (morto il 21
giugno 2006 a Cagliari) deceduti entrambi all’interno di reparti psichiatrici, in
regime di TSO, dopo essere stati sedati farmacologicamente e legati al letto per
giorni senza essere monitorati dal personale. Oppure può accadere che persone
recatesi in reparto volontariamente siano poi trattenute tramite pressioni
psicologiche e la minaccia di un provvedimento di TSO. A volte l’opera di
persuasione è supportata dalla violenza fisica, come nel caso di Edmond Idehen,
morto in reparto a Bologna il 26/05/07 mentre infermieri e poliziotti tentavano
di legarlo al letto, in seguito alla sue insistenti e legittime richieste di lasciare
l’ospedale, visto anche che vi era entrato volontariamente.
Altra pratica di cui abusa la psichiatria è l’obbligo delle cure, che tra l’altro si
riduce ad un bombardamento farmacologico, di durata indeterminata e imposto
senza le dovute informazioni e i dovuti controlli medici. Di tali psicofarmaci
vengono quasi sempre taciuti i gravi effetti collaterali che possono causare
anche la morte, come nel caso di una donna palermitana, (A.S. morta il 28 agosto
2006 a Palermo) precedentemente entrata in coma a causa dei farmaci; come il
giovanissimo Roberto Melino (morto il 12 giugno 2007 a Empoli) che era entrato
volontariamente in reparto ad Empoli ed è stato “aggredito” chimicamente dopo
aver espresso la volontà di uscire; ed infine come Sorin Calin, morto a Montecatini
Terme il 20 ottobre 2009 durante il tragitto dalla caserma dei carabinieri al reparto
a causa della somministrazione di un ansiolitico, il Midazolam, controindicato in
caso di contemporanea assunzione di alcool, motivo per cui era stato fermato.
Sono tutti decessi attribuiti dalla psichiatria e dalla giustizia a cause naturali
(arresto cardiocircolatorio e/o respiratorio), nonostante la giovane età e il buono
stato di salute delle vittime prima del ricovero, ma non può che rimanere il
dubbio su queste vicende, vere e proprie morti di Stato sulle quali è necessario
fare chiarezza!
L’invito è a rompere il silenzio, a denunciare gli abusi psichiatrici perpetrati ai
danni di individui troppo spesso impotenti perché intrappolati nella solitudine
psichiatrica, a distruggere quei miti di cui la psichiatria si è circondata e a spezzare il muro di silenzio che da sempre la circonda e la difende da attacchi esterni.

giovedì 15 aprile 2010

VERITA' UNA GIUSTIZIA NESSUNA!

Niki Aprile Gatti, Manuel Eliantonio, Marcello Lonzi, Francesco Mastrogiovanni, Riccardo Rasman, Giuseppe Uva, Stefano Frapporti, Aldo Bianzino, Simone La Penna, Bledar Vukaj.

Morti per mano di uomini in divisa al servizio dello Stato
.
come Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi

ci sembra importante fare una corretta informazione su cosa veramente è
successo per far si che queste violenze non possano più accadere.
l'obbiettivo dell'iniziativa è di far raccontare a tutti i familiari la
loro storia, allargando allo stesso tempo il discorso ai vari contesti
( repressione, carcere, immigrazione, manicomi)
che emergono dalle diverse vicende.

I FAMILIARI INCONTRANO LA CITTA' di Pisa
diamo voce ai familiari delle vittime delle forze dell'ordine e delle istituzioni.

SABATO 24 APRILE 2010 a Pisa
c/o Terrazza Leo Caffè alla stazione Leopolda in p.zza Guerrazzi.
a partire dalle 16.00 incontro dibattito
a seguire dalle 19.00 aperitivo e buffet


ZONE DEL SILENZIO:
Associazione Aut Aut
Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud
Collettivo Aula R
Coordinamento antifascista antirazzista pisano
Guppo discussione carcere
Osservatorio antiproibizionista-Canapisa Crew

mercoledì 10 marzo 2010

ZONA DEL SILENZIO una storia di ordinaria violenza italiana


GIOVEDì 18 MARZO 2010
c/o l'aula magna della
FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE
in via serafini 2 a PISA


ore 19:30 cena/buffet

ore 21 presentazione del libro a fumetti

ZONA DEL SILENZIO una storia di ordinaria violenza italiana
di Checchino Antonini e Alessio Spataro

ed.minimum fax

Sarà presente l’autore Checchino Antonini.
Il ricavato del buffet servirà a sostenere
le spese legali di Maria Ciuffi (madre di Marcello Lonzi, morto nel carcere delle Sughere a Livorno nel 2003) che sarà presente al dibattito.


All'alba del 25 settembre del 2005,
un diciottenne muore a Ferrara,
pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia.
La storia di Federico Aldrovandi sarebbe semplicemente questa, se una madre veramente coraggiosa non avesse aperto un blog per battersi per una giustizia negata. Da quel blog e da un lavoro di inchiesta di tre anni nasce Zona del silenzio.
Un romanzo a fumetti che utilizza questo «normale» episodio di
tragica violenza tutto italiano per raccontare una piccola storia di resistenza e di amicizia. Quella di un giornalista e un giovane studente che si mettono in cerca della verità sulla morte di Federico, e che finiranno per scoprire molto anche su loro stessi.




collettivo antipsichiatrico a.artaud
collettivo aula r
associazione aut-aut
osservatorio antiproibizionista canapisa
gruppo discussione carcere pisa

mercoledì 24 febbraio 2010

CENA ANTIPSICHIATRICA !!


Venerdì 5 Marzo 2010
presso il circolo a.r.c.i."Unità" del CEP
via.L. Boccherini 14 -Pisa-

CENA ANTIPSICHIATRICA!!!!!!

"Se anche tu preferisci la cucina al reparto psichiatrico,
il cameriere all' infermiere e la lasagna alla terapia farmacologica ...
il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud è lieto di invitarti ad una cena di autofinanziamento dove potrai degustare pietanze sopraffine bere buono vino e ascoltare buona musica;
in questo modo sosterrai le spese del collettivo con la modesta cifra di 10 Euro."



CENA

Menù

CROSTINI MISTI

LASAGNE VEGETARIANE(NOCI, RADICCHIO/GORGONZOLA, PESTO)

TORTE SALATE VARIE, VERDURE GRATINATE

TORTA AL CIOCCOLATO

VINO



ci sarà anche la MOSTRA FOTOGRAFICA SULL'EX-MANICOMIO DI VOLTERRA e la
DISTRIBUZIONE di MATERIALE antipsichiatrico


per la cena ti preghiamo di prenotare almeno tre giorni prima mandando una mail di conferma
a antipsichiatriapisa@inventati.org o telefonando al 3334252605

il collettivo antipsichiatrico A.Artaud-Pisa
www.artaudpisa.noblogs.org
www.artaudpisa.blogspot.com

venerdì 15 gennaio 2010

NE’ IN CELLA , NE’ IN REPARTO: BASTA MORTI DI STATO!

27 ottobre 2005: muore a Trieste Riccardo Rasman di anni 33 nella sua abitazione durante l’ esecuzione di un provvedimento di ricovero coatto. Venne ammanettato con le mani dietro la schiena e gli furono legate le caviglie con un filo di ferro.
Gli agenti effettuarono su Rasman una prolungata pressione sul dorso e lo lasciarono nella predetta posizione prona per diversi minuti soffocandolo.

21 giugno 2006: muore a Cagliari in seguito a una tromboembolia venosa Giuseppe Casu, venditore ambulante ricoverato con un Trattamento Sanitario Obbligatorio(TSO) nel reparto psichiatrico di Cagliari, dopo essere rimasto legato mani e piedi al letto per 7 giorni e sedato farmacologicamente.

28 agosto 2006: muore a Palermo A.S., donna di 63 anni entrata in reparto psichiatrico il 17 agosto e qui trattenuta per accertamenti; dopo alcuni giorni di stato comatoso (dal 25 al 27) la donna si sarebbe risvegliata per morire nella notte tra il 28 e il 29.

26 maggio 2007: muore a Bologna Edmond Idehen, nigeriano di 38 anni; l'uomo si era sottoposto volontariamente alle cure, ma alla richiesta di poter andare a casa i medici hanno deciso per il TSO e chiamato la polizia in seguito alle sue insistenze; le indagini sulla sua morte sono ancora in corso, la versione ufficiale parla di una crisi cardiaca avvenuta mentre infermieri e poliziotti tentavano di portare l'uomo sul letto di contenzione.

12 giugno 2007: muore a Empoli Roberto Melino, 24 anni, per arresto cardiocircolatorio; il giovane era entrato il 4 giugno in reparto in Trattamento Sanitario Volontario (TSV), tramutato dai medici in TSO alla richiesta di andare a casa; resta da chiarire se la morte sia avvenuta per cause naturali o in seguito alla somministrazione di qualche farmaco.

4 agosto 2009: muore Francesco Mastrogiovanni, anni 58, maestro di scuola elementare ricoverato 4 giorni prima in TSO a Vallo della Lucania. Durante tutto il suo ricovero fu alimentato solo con soluzioni fisiologiche, legato al letto per 80 ore in una posizione in cui è compromessa la normale funzione respiratoria, sedato con farmaci antipsicotici, senza essere monitorato dal personale. Ai polsi e alle caviglie recava escoriazioni larghe 4 centimetri.


Queste morti sono soltanto alcune di una lunga lista avvenute all’interno di reparti psichiatrici. Decessi in certi casi accaduti in circostanze sospette, le cui cause rimangono oscure, gravissimi episodi che però non suscitano alcun interesse nell'opinione pubblica e nei mass-media. Non può che rimanere il dubbio su queste vicende, vere e proprie morti di Stato sulle quali è necessario fare chiarezza.
I reparti psichiatrici come le carceri, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, i Centri di Identificazione e di Espulsione sono istituzioni totali in cui i diritti umani sono costantemente violati, zone d’ ombra impenetrabili e lontane dagli sguardi della collettività in cui è possibile commettere ogni sorta di abuso avvalendosi di sicura impunità.
La psichiatria, pseudoscienza priva di comprovate basi scientifiche e ben inserita nelle dinamiche economiche del profitto, agisce somministrando farmaci ed evitando di informare il paziente riguardo la natura, la posologia e le possibili contro-azioni dei composti chimici somministrati, effetti collaterali che vengono ignorati o tralasciati dai medici stessi; questi contro-effetti vanno dai disturbi dell’ attenzione e della memoria alla confusione mentale, da problemi nel funzionamento di organi a disturbi neurologici, fino al blocco cardio-circolatorio e cardio-respiratorio causando quindi la morte.

Costante è il ricatto della psichiatria e spesso impossibile per la persona il sottrarsi al suo pressante controllo.
Assistiamo giornalmente a TSO totalmente arbitrari, spesso effettuati con l'uso della violenza, ricoveri volontari che diventano obbligatori nel momento in cui il paziente chiede di poter tornare a casa.
Sono ancora in uso l’elettroshock e la contenzione fisica, che possono giungere ad esiti tragici come nel caso di Giuseppe Casu e Francesco Mastrogiovanni.
La violenza psichiatrica non è limitata all’arco temporale del ricovero ospedaliero ma vede una sua continuazione anche all’esterno del reparto, nella vita quotidiana del paziente che sarà stigmatizzato per sempre come “malato mentale”, “pazzo”, persona da normalizzare o da emarginare.
L'invito è a rompere il silenzio, a denunciare gli abusi psichiatrici perpetrati ai danni di individui troppo spesso impotenti perché intrappolati nella solitudine psichiatrica, a distruggere quei miti di cui la psichiatria si è circondata e a spezzare il muro di silenzio che da sempre la circonda e la difende da attacchi esterni.


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
www.artaudpisa.noblogs.org
www.artaudpisa.blogspot.com
antipsichitriapisa@inventati.org
tel. 3357002669

Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org