A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

lunedì 10 aprile 2006

PACCHI DI FINE LEGISLATURA

Fra gli ultimi saldi della passata legislatura, nascosto fra le pagine del decreto Olimpiadi, ci hanno rifilato anche il famigerato ddl Fini-Giovanardi sulle droghe.
In pochi istanti e senza alcun
dibattito parlamentare si è deciso il destino di centinaia di migliaia di persone, colpevoli di consumare sostanze spesso più innocue di alcool, tabacco, farmaci e tv.
Il decreto prevede l’equiparazione in una sola tabella per tutte le sostanze considerate illegali, si va dalla canapa all’eroina, dalla cocaina all’ecstasy e così via in una gran confusione, creando disinformazione sulla reale tossicità di ciascuna sostanza.
La reintroduzione della quantità minima al di sopra della quale si viene automaticamente considerati spacciatori, in barba al referendum del ’93 che l’aveva abolita. Tale quantità è stata stabilita da "esperti" nominati dal precedente governo.
Per rimanere nella categoria di semplici, ma non innocenti “assuntori”, non si deve possedere che pochi milligrammi di sostanza attiva, la qual cosa oltretutto rende il possessore di modica quantità
inconsapevole della gravità del reato:
consumatore (ritiro patente e/o obbligo di firma e/o divieto di uscita dopo le 20 e/o obbligo
di dimora, ecc. per max. 2 anni) oppure spacciatore (da 1 a 6 anni per piccole quantità, da 6 a 20 per spaccio o detenzione o trasporto di quantità più elevate).
Introduzione delle aziende del privato sociale che possono effettuare sia la diagnosi che la cura del consumatore di sostanze.

E’ facile intuire come in questo articolo stia tutta la sostannza del decreto legge.

In pratica le comunità terapeutiche, tipo San Patrignano, che basano "il recupero" sui princìpi della coercizione ed dell'ergoterapia (terapia del lavoro naturalmente non retribuito) potranno contare su una vasta quantità di schiavi reperibili fra i 3-5 milioni di assuntori di sostanze illegali in Itallia.
La svolta verso la privatizzazione del carcere, sul modello americano, si fa strada, le vittime del proibizionismo, come fu negli U.S.A. nel ’37, sono le prime cavie. La precedente legge(n°309) è già da sola responsabile della detenzione di circa 20.000 persone nelle 207 sovraffollate carceri italiane. E nel 2005 sono state 80.000le segnalazioni alle prefetture per consumo o detenzione di sostanze illecite. I tossicodipendenti reclusi sono circa 16.000 per ciascuno di loro sono destinati 0,15 centesimi. al giorno per la cura.
Questo decreto vuole trasformare una questione sociale, quella del consumo di sostanze, in una questione penale e/o sanitaria aprendo nuovi orizzonti di business per gli imprenditori della reclusione, della cura e della salute mentale. E’ una logica neomanicomiale dove la psichiatria assumerà un ruolo più centrale, saranno dunque gli psichiatri unici giudici e sacerdoti della “normalità”, senza appello né difesa legale per il reo consumatore, imporranno terapie e dosaggi di psicofarmaci per i ”malati di droga”, siano essi studenti in cerca di sballo, psiconauti consapevoli o consumatori stagionati. Si introduce così la doppia diagnosi: l’assuntore di droghe viene curato e psicofarmacizzato per il suo bisogno di drogarsi e quindi considerato malato mentale. Dietro a tutto ciò, la forte spinta delle multinazionali del farmaco, veri potentati in grado di influenzare scelte politiche e segmenti di mercato. Tutti conoscono come siano orchestrate le loro “conventions” per stimolare il coinvolgimento dei medici nella promozione dei loro prodotti, con effetti nefasti (caso Lipobay della Bayer) o con il rinvio a giudizio per corruzione (caso Glaxo), per citarne i più noti. Del resto non fanno mistero di voler giungere al traguardo, sempre più prossimo, di vendere medicine alle persone sane, inventando nuove malattie per incentivare il consumo di nuovi farmaci perlopiù inutili e molto intossicanti.
Così l’essere distratti diventa “deficit dell’attenzione”, troppo vivaci:”iperattivi”, a volte tristi a volte allegri: “affetti da sindrome bipolare”, troppo incazzati: “disturbati nell’umore" un po’ nervose per il ciclo mensile: “sindrome premestruale” e via dicendo alla ricerca di nuova clientela ben fidelizzata grazie all’assuefazione al farmaco. A ulteriore riprova è il costante aumento del consumo di psicofarmaci ( in Toscana è triplicato in 4 anni), con conseguente aumento di suicidi, omicidi e morti da intossicazione. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità vengono segnalati ogni anno al Centro antiveleni circa 23.000 casi di avvelenamenti dovuti ai farmaci. Ci sembra un paradosso difficilmente spiegabile che da un lato si vieti l'uso di sostanze illegali e nello stesso tempo si obbligano i "drogati" e/o " malati mentali" ad assumere sostanze legali dannose come gli psicofarmaci per incrementare il fatturato delle multinazionali farmaceutiche. Ci sembra necessario, per tanto, far coesistere l'antipsichiatria e l'antiproibizionismo all'interno di percorso che vede la volontà di contrastare un decreto legge palesemente repressivo che oltre a allargare il controllo incrementerà il businesss del privato sociale.

lunedì 27 febbraio 2006

O.P.G.

L'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, pesante cono d'ombra della giustizia italiana che affonda le sue radici negli anni '30 del fascismo, è oggi oggetto di ridiscussione. Le riforme carcerarie del '75-'86 e quelle psichiatriche del '65-'78 hanno prodotto solo un cambiamento di definizione: il Manicomio Criminale si tramuta in Ospedale Psichiatrico Giudiziario. In tutti questi anni, mentre l'OPG è rimasto cristallizzato nella sua forma fascista, con la legge 180 gli Ospedali Psichiatrici vengono lentamente smantellati e sostituiti da una serie di istituzioni (ospedali, case famiglia, comunità, ecc) ed il ricovero coatto viene regolamentato e ridefinito come Trattamento Sanitario Obbligatorio in reparto psichiatrico. Allo stesso modo le carceri vengono formalmente coinvolte in un processo di apertura, che paradossalmente conduce ad un allargamento della popolazione carceraria tramite un più ampio e capillare sistema di controllo esterno al carcere. Con la legge Gozzini le carceri si aprono alla società e si instaurano una serie di misure alternative all'internamento. L'individualizzazione della pena, voluta dalla Gozzini, ha fatto sviluppare nell'ambito carcerario ipotesi sul soggetto criminale sempre più somiglianti alle pratiche psichiatriche sui “malati di mente”; infatti i percorsi rieducativi si confondono con quelli terapeutici e gli psicofarmaci si diffondono massicciamente anche in carcere. Negli anni '70 '80 una rivoluzione culturale antisegregazionista si afferma sul piano legislativo, ma nella realtà rimangono inalterati il pregiudizio di pericolosità sociale del malato mentale e lo stigma del recluso. Se nel tempo l'attenzione politica e legislativa si è spostata dalla malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e dalla punizione alla rieducazione, nella società i corpi degli psichiatrizzati e dei carcerati sono rimasti comunque esclusi e imprigionati. Una nuova tecnologia del controllo sociale si diffonde: l'industria farmacologica sforna prodotti capaci, in alcuni casi, di sostituire le camicie di forza, i letti di contenzione e le sbarre. Negli ultimi anni si è ricominciato a parlare di OPG e, nel tentativo di risolvere l' ormai scottante questione, sono state presentate due proposte di riforma degli OPG. Nella proposta di legge delle regioni Toscana ed Emilia Romagna la figura giuridica della non imputabilità è mantenuta, anche se con alcune modifiche, come l'abolizione della seminfermità; si conservano il concetto di pericolosità sociale e l'applicazione di misure di sicurezza nei confronti di chi è ritenuto non imputabile; le misure di sicurezza previste sono: assegnazione ad un istituto in cui si garantiscano trattamento psichiatrico e custodia ( per reati con pena massima non inferiore a 10 anni), e affidamento al Servizio Sociale (per reati con pena massima inferiore a 10 anni), che potrà essere tramutata nella prima qualora non dovesse risultare adeguata al caso. Tale proposta con la misura di affidamento ai servizi sociali costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l'essenza della modalità di risoluzione della questione. Nonostante sia previsto un maggiore contatto dell'individuo con la società, l'isolamento rimane all'interno dell'individuo attraverso trattamenti psicofarmacologici debilitanti che conducono a fenomeni di cronicizzazione. Cambieranno i luogo di reclusione, in strutture meno fatiscenti e più specializzate, ma allo stesso tempo ci sarà una gestione affidata al privato sociale, andando così incontro a fenomeni di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia ad opera dei servizi psichiatrici. L'altra proposta, quella dell'onorevole Corleone, parte da una sostanziale novità nell'approccio alla questione: l'istituto della non imputabilità è abolito; al “malato di mente” autore di reato è riconosciuta la capacità di intendere e di volere e quindi la sua imputabilità e possibilità di essere soggetto alle pene previste dal codice penale per il tipo di reato commesso. L'opg viene quindi abolito, ma solo per creare all'interno del carcere strutture adeguate alla cura dei disturbi mentali, reparti psichiatrici interni all'istituto penitenziario, così da aumentare il ruolo della psichiatria in carcere senza modificare la situazione attuale. Queste proposte non soddisfano l'idea di un superamento di un sistema aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione svilenti per l'individuo e trattamenti farmacologici troppo debilitanti e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi per la persona. Uno concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

COME E PERCHE' GLI OPG VANNO SUPERATI

L'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, pesante cono d'ombra della giustizia italiana che affonda le sue radici negli anni '30 del fascismo, è oggi oggetto di ridiscussione. Le riforme carcerarie del '75-'86 e quelle psichiatriche del '65-'78 hanno prodotto solo un cambiamento di definizione: il Manicomio Criminale si tramuta in Ospedale Psichiatrico Giudiziario. In tutti questi anni, mentre l'OPG è rimasto cristallizzato nella sua forma fascista, con la legge 180 gli Ospedali Psichiatrici vengono lentamente smantellati e sostituiti da una serie di istituzioni (ospedali, case famiglia, comunità, ecc) ed il ricovero coatto viene regolamentato e ridefinito come Trattamento Sanitario Obbligatorio in reparto psichiatrico. Allo stesso modo le carceri vengono formalmente coinvolte in un processo di apertura, che paradossalmente conduce ad un allargamento della popolazione carceraria tramite un più ampio e capillare sistema di controllo esterno al carcere. Con la legge Gozzini le carceri si aprono alla società e si instaurano una serie di misure alternative all'internamento. L'individualizzazione della pena, voluta dalla Gozzini, ha fatto sviluppare nell'ambito carcerario ipotesi sul soggetto criminale sempre più somiglianti alle pratiche psichiatriche sui “malati di mente”; infatti i percorsi rieducativi si confondono con quelli terapeutici e gli psicofarmaci si diffondono massicciamente anche in carcere. Negli anni '70 '80 una rivoluzione culturale antisegregazionista si afferma sul piano legislativo, ma nella realtà rimangono inalterati il pregiudizio di pericolosità sociale del malato mentale e lo stigma del recluso. Se nel tempo l'attenzione politica e legislativa si è spostata dalla malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e dalla punizione alla rieducazione, nella società i corpi degli psichiatrizzati e dei carcerati sono rimasti comunque esclusi e imprigionati. Una nuova tecnologia del controllo sociale si diffonde: l'industria farmacologica sforna prodotti capaci, in alcuni casi, di sostituire le camicie di forza, i letti di contenzione e le sbarre. Negli ultimi anni si è ricominciato a parlare di OPG e, nel tentativo di risolvere l' ormai scottante questione, sono state presentate due proposte di riforma degli OPG. Nella proposta di legge delle regioni Toscana ed Emilia Romagna la figura giuridica della non imputabilità è mantenuta, anche se con alcune modifiche, come l'abolizione della seminfermità; si conservano il concetto di pericolosità sociale e l'applicazione di misure di sicurezza nei confronti di chi è ritenuto non imputabile; le misure di sicurezza previste sono: assegnazione ad un istituto in cui si garantiscano trattamento psichiatrico e custodia ( per reati con pena massima non inferiore a 10 anni), e affidamento al Servizio Sociale (per reati con pena massima inferiore a 10 anni), che potrà essere tramutata nella prima qualora non dovesse risultare adeguata al caso. Tale proposta con la misura di affidamento ai servizi sociali costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l'essenza della modalità di risoluzione della questione. Nonostante sia previsto un maggiore contatto dell'individuo con la società, l'isolamento rimane all'interno dell'individuo attraverso trattamenti psicofarmacologici debilitanti che conducono a fenomeni di cronicizzazione. Cambieranno i luogo di reclusione, in strutture meno fatiscenti e più specializzate, ma allo stesso tempo ci sarà una gestione affidata al privato sociale, andando così incontro a fenomeni di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia ad opera dei servizi psichiatrici. L'altra proposta, quella dell'onorevole Corleone, parte da una sostanziale novità nell'approccio alla questione: l'istituto della non imputabilità è abolito; al “malato di mente” autore di reato è riconosciuta la capacità di intendere e di volere e quindi la sua imputabilità e possibilità di essere soggetto alle pene previste dal codice penale per il tipo di reato commesso. L'opg viene quindi abolito, ma solo per creare all'interno del carcere strutture adeguate alla cura dei disturbi mentali, reparti psichiatrici interni all'istituto penitenziario, così da aumentare il ruolo della psichiatria in carcere senza modificare la situazione attuale. Queste proposte non soddisfano l'idea di un superamento di un sistema aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione svilenti per l'individuo e trattamenti farmacologici troppo debilitanti e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi per la persona. Uno concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org