È uscito
“IL
ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria
militare e “terapia elettrica” durante il Primo conflitto
mondiale” di
Marco
Rossi edizioni
Malamente. Con
una prefazione del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud. Sotto il link, la sinossi del libro e la nostra prefazione.
https://edizionimalamente.it/catalogo/il-rovescio-della-guerra/
La
Prima guerra mondiale, con le sue dimensioni estreme, vide
l’irruzione massiva di feriti “dentro”, invalidi con corpi
apparentemente integri: per la psichiatria fu uno sterminato campo di
studio e sperimentazione. Nella convinzione che per curare la mente
bisognasse intervenire con forza sul corpo, le pratiche messe in atto
contemplavano un vero catalogo di supplizi, compresa la cosiddetta
terapia elettrica, intesa sia come strumento di cura per le nevrosi
di guerra che come mezzo per smascherare i simulatori. D’altra
parte, ogni soldato sofferente era visto e trattato come un presunto
simulatore, quindi come un traditore della patria; specularmente,
ogni insubordinato era guardato alla stregua di un malato di mente.
L’orizzonte della cura si andò così perdendo, oscurato
dall’ideologia nazionalista e dal militarismo. Il rovescio della
guerra restituisce alla memoria a lungo negata gli orrori subiti dai
soldati al fronte e nei manicomi: carne da macello sacrificata per
gli affari del capitale. Allora come oggi, per molti di questi
sopravvissuti più sensibili o fragili – vincitori o vinti – non
resta che una vita da “scemi di guerra”.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può
volare e può uccidere.
Ma
ha un difetto: può pensare.
(B.
Brecht)
Continua la
collaborazione con Marco Rossi, di cui da tempo apprezziamo il lavoro
di indagine storica. In questa sua ricerca – avviata assieme –
ricostruisce come durante la Prima guerra mondiale, quindi prima
dell’invenzione dell’elettroshock, la corrente elettrica fosse
stata già utilizzata sui soldati degli eserciti europei «per il
trattamento delle nevrosi di guerra, oltre che per smascherare
presunti simulatori». Siamo quindi di fronte alla prima
affermazione, sul piano psichiatrico, della corrente elettrica come
strumento di “cura” e disciplinamento. Durante il Primo conflitto
mondiale migliaia di persone furono internate nei manicomi. La
psichiatria militare rifiutava però di riconoscere nella guerra la
causa delle psiconevrosi dei soldati, che erano considerate effetti
collaterali che si manifestavano in individui “predisposti”. Al
periodo bellico e all’uso della corrente Al periodo bellico e
all’uso della corrente faradica sui soldati, seguiranno gli anni
della sperimentazione di nuove terapie da shock consistenti
nell’infliggere volontariamente un trauma, ritenendo che il
controllo e la gestione dello shock così provocato potesse portare a
risultati terapeutici. Nei manicomi, nelle cliniche psichiatriche
universitarie e religiose, così come successivamente nei lager, si
perfeziona l’induzione di stati di incoscienza con l’utilizzo
delle più svariate sostanze e procedure. Dal 1917 al 1935 si
introducono in psichiatria la malarioterapia, la «cura del sonno a
permanenza» tramite iniezione ciclica di barbiturici, lo shock
insulinico e la terapia convulsiva mediante iniezioni di Cardiazol.
Ma è nel 1938 che la corrente elettrica si insedia ufficialmente tra
gli strumenti di “cura” psichiatrici; a Roma, Cerletti
sperimenta, prima sui maiali e poi sulle persone, l’ultima delle
terapie da shock: l’elettroshock. Nonostante la brutalità di tali
pratiche, tanto il coma insulinico come la convulsione da Cardiazol
si diffusero immediatamente. Lo stesso avvenne poi per
l’elettroshock, tuttora utilizzato e largamente praticato nel mondo
e anche in Italia, dove sono sedici i centri, fra pubblici e privati,
in cui viene utilizzata su circa trecento persone l’anno la
cosiddetta terapia elettroconvulsivante (TEC).
Dolore e terrore erano nei primi decenni del Novecento parte
fondamentale delle pratiche psichiatriche di investigazione e
recupero; ma ancora oggi queste non hanno mutato la loro essenza
violenta e si manifestano attraverso la coercizione, l’obbligo di
cura, la contenzione meccanica e farmacologica. Il Disturbo da stress
post traumatico (PTSD) è un concetto che è stato sviluppato in un
contesto di guerra per descrivere l’esperienza del soldato. Si è
evoluto in vari modi attraverso la «sindrome cardiaca del soldato»,
la «nevrosi da spavento», lo «shock da granata» e la «stanchezza
in battaglia». Negli anni Settanta, il dsm iii (il Manuale
statistico e diagnostico, terza revisione) ridefiniva il ptsd per
tener conto delle reazioni dei veterani della guerra in Vietnam.
Oggi è considerato come la possibile risposta di un soggetto a un
evento critico abnorme (terremoti, incendi, nubifragi, attentati,
azioni belliche, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza
subiti o di cui si è stati testimoni, etc.). Al ptsd si risponde con
trattamenti psico-farmacologici dagli esiti spesso letali. Tra i
soldati statunitensi in Afghanistan, sono più quelli che si
suicidano una volta ritornati a casa (a volte dopo aver sterminato
anche la famiglia), che quelli morti in combattimento.
Analogamente, in Ucraina tra i reduci di guerra è stato segnalato un
aumento di psicofarmaci del 170%. Con la stessa diagnosi di ptsd e il
medesimo trattamento vengono gestiti i traumi delle vittime civili:
antidepressivi e antipsicotici nei campi profughi, negli hotspot,
neiCIE (Centri di identificazione ed espulsione). Per le donne kurde
yazide disperate per la perdita di figli e parenti, si aprono le
porte dei manicomi turchi. Simile dramma viene vissuto dai bambini
palestinesi della striscia di Gaza, costretti a vivere fin dalla
nascita in quella prigione a cielo aperto su cui le multinazionali
delle armi sperimentano sempre nuovi ordigni. Il 90% di loro soffre
di disturbi psicologici; purtroppo molte fra le tante
ONG(Organizzazioni non governative) occidentali che operano nella
striscia si limitano a importare tout court diagnosi e cure
farmacologiche come da DSM v. Un orribile quanto reale paradosso che
rivela, oggi come allora, l’inganno e la strategia che vi stanno
dietro: curare il sintomo, cioè la persona “disturbata”,
piuttosto che intervenire sulle reali cause del disturbo, cioè la
guerra, l’occupazione militare, i bombardamenti, l’embargo, la
fame, la chiusura delle frontiere e le disuguaglianze sociali. Negli
odierni conflitti, come in quelli del secolo scorso, non si è mai
cessato di usare e di osservare i soldati come cavie per sperimentare
gli effetti di nuove sostanze utili da un lato a potenziare
l’efficacia del combattente, dall’altro a ridurre lo stress e
l’eventuale “rimorso” che ciascun essere umano prova
nell’uccidere un suo simile. Per tale scopo vengono assunte le
cosiddette go pills prima di azioni di guerra di lunga durata e le no
go pills prescritte al ritorno da tali azioni per “resettare” la
propria coscienza e “normalizzare” la propria vita.
In tutte le nazioni, da sempre, l’industria militare riceve enormi
finanziamenti che le permettono di anticipare e utilizzare le nuove
scoperte scientifiche di almeno un decennio rispetto al successivo
utilizzo civile. È un trend tanto più pernicioso con l’avvento
dell’era cibernetica e del capitalismo digitale. Le nuove strategie
militari prevedono non solo l’utilizzo di sostanze psicoalteranti,
ma anche di esoscheletri che aumentano le prestazioni fisiche del
soldato e l’applicazione al corpo di personal status monitor che
dovrebbero consentire, attraverso l’utilizzazione di tecnologie di
neuro imaging di visualizzare regioni del cervello in modo da guidare
i processi cognitivi e decisionali. L’assunzione, da remoto, del
controllo di un soldato è già resa possibile, per esempio, dai
caschi che vengono fatti indossare ai piloti dei caccia f35. Il
comando giunge in automatico al pilota senza essere avvertito, perché
utilizza sensori e arriva direttamente al cervello tramite il casco.
Anche
per tutto ciò la psichiatria militare riveste un ruolo sempre più
importante e ha avuto un grande incremento: le odierne imprese
militari comportano l’utilizzo di stuoli di psichiatri al seguito
delle truppe. Un segnale allarmante di come una disciplina medica,
basata da sempre su esami diagnostici inesistenti, stia sempre più
allargando i suoi confini. Guerre, controllo psichiatrico mascherato
da intervento umanitario e business delle multinazionali del farmaco,
sono un pericoloso mix che dovrebbe renderci più vigili su ciò che
il futuro prossimo sembra riservarci. Il rovescio della guerra ha il
grande pregio di restituire alla memoria – a lungo negata – gli
orrori subiti dai soldati al fronte e nei manicomi: carne da macello
sacrificata per gli affari del Capitale. Allora come oggi, per molti
dei sopravvissuti più sensibili o fragili (vincitori o vinti), una
vita da “scemi di guerra”.
Collettivo
Antipsichiatrico Antonin Artaud
per
info:
Collettivo
Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100
Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org
3357002669
Note: