A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

giovedì 26 novembre 2009

LIBERI/E SUBITO, LIBERI/E TUTTI/E!


L’iniziativa di sabato 28 novembre serve per finanziare
le spese legali dei compagni che sono stati arrestati
in seguito ai fatti avvenuti l’11 ottobre a Pistoia,
quando, con la scusa di un’irruzione nella sede di Casa Pound,
avvenuta circa tre ore prima, la polizia ha fatto un blitz
al circolo Primo Maggio, vicino alla sede dei nazi-fascisti,
e ha portato in caserma tutti i compagni che si trovavano dentro,
nonostante fossero del tutto estranei ai fatti, e “rei” solo
di partecipare ad un’assemblea pubblica per
lanciare un coordinamento regionale contro le ronde.
La dinamica degli arresti è stata del tutto ingiustificata: i
compagni sono stati tenuti in fermo per 12 ore, senza essere informati sui
motivi, senza poter avvisare nessuno, senza che chi ne avesse
bisogno ricevesse cure indispensabili per la propria salute, nonché interrogati senza la presenza di avvocati. In seguito sono scattati gli arresti per tre compagni/e, uno di Massa e due di Livorno, che sono attualmente uno in carcere e due
agli arresti domiciliari, nonostante l’assoluta mancanza di prove.
A conferma dell’assurdità e dell’arbitarietà nella quale si muove la giustizia italiana, ecco che il 9 novembre vengono fatte nuove perquisizioni e,
sebbene anche stavolta non abbiano portato a nulla,
viene disposta la custodia cautelare per altri
quattro compagni (due di Livorno e due di Pistoia)
che erano stati denunciati circa un mese prima!

Vogliamo ribadire l’irregolarità di
tali manovre legali, mandate avanti nei confronti
di persone estranee ai fatti, e atte palesemente
a colpire i movimenti che lavorano sul territorio
contro il razzismo ed il fascismo.

Vogliamo denunciare come il reato di
devastazione e saccheggio sia oggi usato
per colpire più duramente chi
lavora e lotta sul proprio territorio.

Chiediamo l’immediata libertà per i compagni e le compagne.

Rilanciamo le lotte antirazziste e antifasciste sul territorio.



tutti soldi della serata andranno a coprire
le spese legali per i/le compagni/e arrestati/e

per contribuire a sostenere le spese legali
conto corrente intestato a: senza soste
causale:sottoscrizione spese processuali
codice IBAN it67 v076 0113 9000 000 6830 122




Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Spazio antagonista newroz
Precari Autorganizzati
Progetto Prendocasa

martedì 24 novembre 2009

sab 28 nov SERATA BENEFIT PER GLI ARRESTATI DI PISTOIA

domenica 22 novembre 2009

SERATA BENEFIT PER GLI ARRESTATI DI PISTOIA

il collettivo antipsichiatrico ANTONIN ARTAUD
lo spazio antagonista NEWROZ
presentano

LIBERI/E TUTTI LIBERI/E SUBITO!!

SABATO 28 NOVEMBRE 09
c/o spazio antagonista NEWROZ
via garibaldi 72 PISA

SERATA BENEFIT PER GLI ARRESTATI DI PISTOIA

APERITIVO E CENA BUFFET

e a seguire dalle 23
DJ HUT electro dj set
DJ COOD electro live set

tutte le entrate andranno a coprire le spese legali per
i/le compagni/e arrestati/e per i fatti di pistoia

per contribuire a sostenere le spese legali

conto corrente intestato a: senza soste
causale:sottoscrizione spese processuali
codice IBAN
it67 v076 0113 9000 000 6830 122

giovedì 15 ottobre 2009

nuovamente attiva la linea fissa del telviola milano

E' STATA RIATTIVATA LA LINEA FISSA DEL
TELEFONO VIOLA DI MILANO
C/O AMBULATORIO MED. POPOLARE
VIA DEI TRANSITI 28
02-2846009
TUTTI I MERCOLEDI 17.00-20.00
segreteria attiva 24 su 24

www.ecn.org/telviola -telviola@ecn.org telviola_t28@inventati.org

mercoledì 22 luglio 2009

la morte di roberto melino. giugno 07

a distanza di 2 anni dalla morte di Roberto Melino
avvenuta, nel giugno del 2007,nel reparto di psichiatria
dell'ospedale S.Giuseppe di Empoli
pubblichiamo una toccante testimonianza
di chi ha vissuto con lui il dramma
dell'internamento.

collettivo antipsichiatrico antonin artaud-pisa
www.artaudpisa.noblogs.org



La morte di Roberto Melino.

13 giugno 2007. Reparto psichiatrico dell’ospedale di Empoli.

Si chiamava Roberto Melino. Ricordo che era giovane, simpatico e incazzato. Di una gentilezza squisita. Occhiali da vista, sovrappeso, più che parlare sussurrava, a volte era difficile capirlo, soprattutto quando il trattamento riservatogli era particolarmente pesante. Difficilmente terminava una frase senza interrompersi per ansimare. Nelle sue parole c’era lucidità assoluta, aveva lavorato per una cooperativa di servizi e sosteneva di avere subito ingiustizie dal direttore. Quantunque potesse avere avuto ragione, e questo non lo so, chi mai avrebbe ascoltato le sue parole? Quale forma di rivendicazione può risultare credibile quando viene da un internato nel reparto psichiatrico di un ospedale?
Siamo diventati amici, anch’io gli parlavo delle ingiustizie subite. Due matti che solidarizzano su tematiche politiche e sociali. Naturalmente innocui, resi ancora più informi dai farmaci che ci somministravano. La sua inquietudine ammansita dalla gentilezza degli infermieri, ma soprattutto dalle bombe bioniche che lo demolivano. Non so quale sostanza periodicamente gli somministrassero, so che quando rientrava nella stanza in cui si fumava non era più lui. La sua vivacità era scomparsa e con lei la rabbia che lo contraddistingueva. Abulico, apatico, non parlava, non rispondeva.
Rimaneva greve nell’aria il suo respiro sempre più affannoso.
Ma non si rendevano conto di sparare ad un uccellino con un bazzoka?
Mi regalò un orologio, non li ho mai portati, per compiacerlo lo misi al polso.
Una sera, in un impeto di rabbia lo gettai. Fu un gesto di cui mi sarei pentito: quell’oggetto mi sarebbe stato un suo caro ricordo.
La sera quando si coricava, a quanto capii, doveva assumere una posizione particolare che ne facilitasse il respiro. Quando ci salutammo l’ultima volta fu come sempre in maniera cordiale.
- A domani -. Ma per lui non ci sarebbe stato un domani.
La mattina dopo morì.
Ci fecero stare seduti mentre davanti a noi l’agitazione saliva.
I volti degli infermieri non riuscivano a non tradire la tensione, il via vai nella sua stanza diveniva sempre più frenetico, passò un’ora, forse due, non riesco a determinare il tempo.
Inutili tentativi di rianimazione, noi seduti ed attoniti, noi innocenti spettatori di uno spettacolo che non doveva accadere. Con la certezza della morte lo spettacolo finì.
Il suo respiro, quel respiro che anche nelle ore di veglia a volte assomigliava ad un rantolo, si era fermato.

Il pianto della madre lacera l’aria del reparto, è struggente, verrebbe voglia di buttarla fuori.
Sono sconvolto: l’avevo salutato la sera precedente, avevamo parlato, lo consideravo un amico.
Non voglio più stare lì dentro, voglio uscire, mi concedono di farlo con un amico con cui pranzo.
Non è una concessione che viene fatta facilmente, ma nell’eccezionalità del momento uno zuccherino al matto si può dare.

Ai miei occhi era un ragazzo sensibile. Forse agli occhi di qualcun altro non era che un ammasso di cellule mal distribuite, con dei neuroni che scorazzavano in territori non ortodossi.
Le domande rimangono sospese.
Perché, viste le sue difficoltà di respirazione non è stato trasferito in un altro reparto?
Sarà stata compatibile la terapia farmacologica con le sue difficoltà respiratorie?
Saranno stati eseguiti preventivamente degli esami per verificarne la compatibilità?
Saranno reperibili questi esami?
Dai referti dell’autopsia potranno venire alla luce delle certezze?
Come è possibile che io, che ero fuori di testa, riesca a fare una ricostruzione così lucida dei fatti e gli operatori a suo tempo non si siano accorti di ciò che stava accadendo?
La mia è una testimonianza opinabile, mi sono limitato ad esporre ciò che ho visto e che ho sentito, non ho prove che suffraghino ciò che poi, in realtà, mi viene da pensare.
Volendo si possono ascoltare le testimonianze degli altri pazienti rinchiusi in quei giorni che non potranno che confermare le sue gravi difficoltà respiratorie.
Certo, anche loro sono matti come me, ma perché la loro parola dovrebbe valere meno di quella di uno psichiatra?
Anche gli psichiatri sono esseri umani, tutti sbagliano, magari con Roberto hanno commesso qualche errore. Non si può affermare né negare.
Certo, non è piacevole il brivido di inquietudine che avverto quando ripenso a questa maledetta storia. Chiedo solo verità, verità oggettiva per un ragazzo di 24 anni che ho visto morire sotto ai miei occhi. Ma vivendo in questo paese una domanda sorge spontanea:
prevarrà la volontà politica di non approfondire?
Per me c’è solo una verità, mia, personale, che può essere non condivisibile.
Roberto non doveva morire.

Mardollo Gianluca
vivodamorire

venerdì 29 maggio 2009

GIU’ LE MANI DAI NOSTRI CORPI E DALLE NOSTRE MENTI!

Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa e favorisce l'espandersi della psichiatria, motivo per cui anche quest’anno partecipiamo alla street parade antiproibizionista Canapisa, dedicata all’autodeterminazione e al controllo sociale.
L'istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, intervenendo nel complesso ambito del disagio.
Assistiamo oggi ad una sistematica diffusione del disagio, le cui cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto e non a disturbi biochimici della mente. La logica psichiatrica sminuisce invece le nostre sofferenze, riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita. Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni - diagnosi-etichetta e cura farmacologia - crediamo che rivendicare il diritto all'autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” del disagio e della molteplicità di maniere per affrontarlo elaborandolo in maniera autonoma.
Il principio di manicomialità, su cui ancora oggi - nonostante la tanto decantata chiusura dei manicomi – si basa l'istituzione psichiatrica, comporta la negazione della libertà individuale: nel momento in cui arbitrariamente si etichetta una persona come “malato mentale”, la si annulla e si stabilisce che non è più in grado di decidere per sé. Una volta che la persona viene presa in carico, la psichiatria esercita su di essa tutti i suoi dispositivi e le sue pratiche repressive e mortificanti, quali l’obbligo delle cure, i ricoveri coatti (TSO trattamenti sanitari obbligatori e ASO accertamenti sanitari obbligatori), la contenzione fisica e farmacologica, la mancanza di informazione sugli effetti collaterali dei farmaci e sulla fine del trattamento terapeutico, i ricatti, la gestione e il controllo della vita, etc. L’obbligo di cura oggi non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell'impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto.
Oggi l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di esclusione e correzione, ed ha enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle “malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure psichiatriche, trasformando un problema sociale in una questione sanitaria. Grazie al decreto Fini Giovanardi ed alle nuove proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l'industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro malattia mentale. Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che, oltre ad essere spacciati ipocritamente come “terapeutici”, sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo! Gli psicofarmaci alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando con la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo qui per contestare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e per smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Non lasciamo in pace chi porta avanti da più di un secolo una guerra quotidiana contro la libertà individuale!
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org - www.artaudpisa.noblogs.org - 3357002669

venerdì 27 marzo 2009

Psichiatri giù le mani dalle nostre esistenze !!!

a firenze il 4 aprile iniziative antipsichiatriche contro il WPA

Come collettivi antipsichiatrici saremo presenti con un banchino di controinformazione e distribuzione materiale la mattina del 4 aprile inpiazza S. Maria Novella a partire dalle ore 10 per contestare il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e per smascherarel’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattieper promuovere la vendita di nuovi farmaci.Nel pomeriggio saremo presenti al corteo contro la cementificazione selvaggia e contro lo sgombero del csa nEXt-emerson(partenza alle 15 da piazza S.Marco) con uno spezzone antipsichiatrico.Non lasciamo in pace chi porta avanti da più di un secolo una guerraquotidiana contro la libertà individuale!

Dall’1 al 4 aprile si terrà a Firenze un convegno internazionale di psichiatria organizzato dal WPA (World Psychiatric Association), durante il quale psichiatri, esponenti delle multinazionali del farmaco e associazioni di familiari faranno il punto della situazione sui trattamenti attualmente in uso per i cosiddetti “disturbi mentali” e pianificheranno nuovi sistemi di intervento a livello mondiale.
Leggendo il programma di questo mega-congresso ci si rende subito conto di come oggi la falsa scienza psichiatrica abbia notevolmente ampliato il proprio campo d’intervento.
Invadendo le nostre esistenze, sminuisce le sofferenze umane riducendole a disturbi biochimici della mente, sempre più interpretati come patologie genetiche del soggetto.
Se è vero che assistiamo ad una sistematica diffusione delle disagio, è vero anche che le cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto che esige sempre più efficienza e concorrenzialità. In cambio ci viene offerta una precarietà sempre più diffusa che genera senso di inadeguatezza e ostacola prospettive di emancipazione.
Come risposta a ciò abbiamo la medicalizzazione di quelli che sono gli eventi naturali della vita e di quei comportamenti non conformi agli standard sociali. Le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto vengono interpretate quali sintomi di malattia e le risposte che riceviamo sono sempre dello stesso tipo: diagnosi-etichetta e cura farmacologica.
Noi tutti scontiamo il peso di questa odierna esondazione psichiatrica, che ha portato alla medicalizzazione delle nostre vite dalla crescita – attraverso malattie create ad hoc per bambini vivaci – fino alla vecchiaia, intromettendosi fin nella nostra sfera più privata laddove pretende di “curare” il nostro approccio al cibo, alla sessualità e alla sofferenza.
Alcuni ambiti di ingerenza della salute mentale derivano dal passato: pensiamo alle nuove forme di “isteria femminile”, legate al ciclo mestruale, alla gravidanza, al parto e alla menopausa, come se i problemi dell’essere donna oggi fossero legati alla biologia. Altri settori di intervento sono invece più nuovi come l’inquietante psichiatrizzazione dell’infanzia e il ritorno in auge dell’etnopsichiatria.
In un sistema economico e sociale basato sulla disuguaglianza e sulla discriminazione, espliciti bisogni, come quello dell’autodeterminazione, dell’integrazione, del lavoro e della casa, vengono considerati e trattati come disturbi della mente.
In Italia, nonostante la tanto decantata chiusura dei manicomi, questi continuano ad esistere nei servizi psichiatrici territoriali in cui si riscontrano gli stessi meccanismi lesivi delle libertà individuali (etichettamento, esclusione, ecc) e le medesime pratiche coercitive (TSO, costrizione ai letti, farmaci come nuove camicie di forza, pratiche aberranti come l’elettroshock).

Sempre pronta a pubblicizzare nuove ed inesistenti malattie allo scopo di allargare il proprio bacino d’utenza per arricchire le tasche delle multinazionali farmaceutiche, la psichiatria serve ad arginare qualsiasi critica sociale e a normalizzare quei comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, al fine di estendere il controllo sociale e la possibilità di intervento normalizzante da parte delle istituzioni.

Siamo qui per contestare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e per smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Non lasciamo in pace chi porta avanti da più di un secolo una guerra quotidiana contro la libertà individuale!


collettivo antipsichiatrico Violetta Van Gogh - Firenze [www.violetta.noblogs.org]
collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud – Pisa [www.artaudpisa.noblogs.org]

martedì 24 marzo 2009

COMUNICATO/APPELLO per partecipare all’iniziative antipsichiatriche contro il WPA

A Firenze il 4 aprile iniziative antipsichiatriche contro il WPA

Dall’ 1 al 4 aprile 2009 a Firenze si terrà un convegno internazionale
organizzato dal WPA (World Psychiatric Association)
(il sito del WPA è www.wpanet.org e quello con il programma è www.wpa2009florence.org ) dove psichiatri, esponenti delle multinazionali del farmaco e associazioni dei familiari discuteranno dei molteplici ambiti dell’intervento psichiatrico: infanzia, donne, psichiatria genetista, tossicodipendenza, etnopsichiatria, sessualità, salute mentale e nuovi farmaci ecc…
Come collettivi antipsichiatrici saremo presenti con un banchino di controinformazione e distribuzione materiale la mattina del 4 aprile in piazza S. Maria Novella per contestare ilperpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e per smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.

Nel pomeriggio saremo presenti al corteo contro il piano strutturale econtro lo sgombero del csa nEXt-emerson (partenza alle 15 da piazza S.Marco)con uno spezzone antipsichiatrico.Non lasciamo in pace chi porta avanti da più di un secolo una guerra quotidiana contro la libertà individuale! Psichiatri giù le mani dalle nostre esistenze!!!!
Siete tutt* invitati a partecipare.

collettivo antipsichiatrico Violetta Van Gogh-Firenze
collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

http://violetta.noblogs.org
http://artaudpisa.noblogs.org

giovedì 19 marzo 2009

ABOLIAMO L'ELETTROSHOCK!!

È del 17 marzo 2009 un articolo uscito su La Repubblica in cui si mette in risalto come in merito all’applicazione della terapia elettroconvulsivante la Regione Toscana applichi «regole più severe» a tutela del paziente.
Effettivamente la Regione Toscana si è distinta, insieme ad altre, nella volontà di porre un limite all’uso della TEC. Con la legge regionale n.39 del 18 ottobre 2002 «in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la transorbitale e altri simili interventi di psicochirurgia» venivano, infatti, poste alcune restrizioni all’uso dell’elettroshock. Nell’articolo 3 commi 2 e 3 si stabiliva che la TEC può essere praticata solo con il «consenso libero, consapevole, attuale e manifesto» del paziente e che a tale fine lo psichiatria deve fornire esaurienti informazioni sugli effetti collaterali e sui possibili metodi alternativi. Se ne sconsigliava inoltre l’utilizzo su minori, anziani oltre i sessantacinque anni e donne in stato di gravidanza e si vietava l’uso di lobotomia prefrontale e transorbitale e di altri simili interventi di psicochirurgia. Al comma 4 si stabilivano inoltre apposite linee guida sull`utilizzo dell’elettroshock e le procedure relative al consenso e all`autorizzazione adottate dalla Giunta regionale.
La Corte Costituzionale ha abolito nel dicembre 2002 questi passaggi (commi 2 e 3 perché la Giunta Regionale non ha il diritto di dare indicazioni su singole terapie, comma 4 per illegittimità costituzionale). Rimanevano gli articoli 1 e 2 e l’articolo 4 in cui, «considerata la non univocità dei dati di letteratura e le discordanze che caratterizzano il dibattito sulla TEC nella comunità scientifica», si avviava una Commissione Consiliare competente a svolgere un’azione di monitoraggio, sorveglianza e valutazione.
Il fatto che la Regione operi un monitoraggio sulla terapia elettroconvulsivante e sottolinei l’esigenza di un maggiore consenso informato è sicuramente apprezzabile, ma la spinosa questione dell’elettroshock rimane tutt’altro che risolta.
Da anni lottiamo affinché il consenso informato, previsto legalmente in materia psichiatrica, venga effettivamente garantito al paziente - che ha il diritto di sapere gli effetti collaterali ed i rischi in cui incorre sottoponendosi a tale trattamento. Problema che si ripropone in tutti gli ambiti dell’istituzione psichiatrica, primo fra tutti quello delle terapie farmacologiche nel quale vige la più totale disinformazione.

Ma soprattutto, al di là del consenso informato, rimangono la brutalità di questa tecnica, la sua totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.
I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.
Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento (anestesia totale e farmaci miorilassanti che impediscono le contrazioni muscolari in precedenza diffuse a tutto il corpo con la conseguente rottura di denti ed ossa) non si cambia la sostanza della TEC. L’elettroshock deve essere abolito!
Ricordiamo inoltre che, al di là dei buoni propositi di alcune singole regioni, la situazione a livello nazionale verte su tutt’altre posizioni.
Se nel 1996 una circolare dell’allora Ministro della Sanità R. Bindi definiva l'elettroshock «presidio terapeutico di provata efficacia», nel mese di marzo dello scorso anno usciva una petizione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, appoggiata dall'AITEC (Associazione Italiana Terapia Elettroconvulsivante) per aumentare i centri clinici autorizzati a praticare la TEC con l’obbiettivo di arrivare ad almeno un servizio per ogni milione di abitante in tutte le regioni d'Italia. È inoltre di ieri un allucinante articolo, pubblicato al corriere della sera, che pubblicizza uno studio del Policlinico di Milano in cui si paragona il cervello ad una pila: «se il cervello fosse come una pila, la depressione potrebbe essere vista come se il livello della batteria fosse basso. Perché allora non ricaricare un cervello gravemente depresso con la corrente?»
Ci teniamo a ribadire che l’elettroshock è una disumana violenza e un attacco all'integrità psicologica e culturale dell’individuo che lo subisce. Insieme ad altre comuni pratiche della psichiatria come il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), la terapia elettroconvulsivante è un esempio se non l’icona della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria e dalla società nei confronti di chi non vuole normalizzarsi alle sue regole.
Il collettivo antipsichiatrico Antonino Artaud-pisa

martedì 10 marzo 2009

Medicalizzazione della società e controllo sociale: resoconto dell'iniziativa del 4 marzo

Mercoledì 4 marzo è stato presentato a Pisa, nell’aula magna di Scienze Politiche, il libro “Divieto d’infanzia. Psichiatria, controllo, profitto”. L’incontro è stato organizzato dal Collettivo Antonin Artaud, dall’Associzione Aut Aut e dalla Biblioteca Franco Serantini, editrice del libro, ed ha visto la partecipazione dell’autrice Chiara Gazzola, oltre che di studenti, genitori, insegnanti, operatori e medici. Nonostante in Italia non si osservino gli eccessi e gli abusi che la psichiatria commette sui bambini in paesi come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e l’Australia, il fenomeno della psichiatrizzazione dell’infanzia è comunque allarmante poiché in continua e ponderosa crescita: dei disagi infantili si preoccupa infatti sempre meno la pedagogia e sempre di più la psichiatria e la genetica. La medicalizzazione delle nostre vite e la psichiatrizzazione dilagante vede oggi non solo l’aumento del numero delle cosiddette “malattie” mentali, ma anche l’allargamento delle fasce d’età in cui queste si manifesterebbero. La diagnosi dell’ADHD (disturbo da decifit dell’attenzione e iperattività) ed il conseguente utilizzo del Ritalin (metilfenidato) - ossia di un’anfetamina - come cura, rappresentano l’esempio più eclatante nonché a noi più vicino, visto che Pisa è stata una delle sei città italiane in cui nel 2002 è stato lanciato il “Progetto Prisma”, una ricerca di tipo “epidemiologica” finalizzata all’individuazione di problemi comportamentali e di un non specificato “disagio psicologico” degli studenti delle scuole elementari, medie inferiori e materne, attraverso la somministrazione di un questionario a genitori ed insegnanti. Il progetto, portato avanti dagli stessi enti che gestiscono centri specializzati in neuropsichiatria infantile, come la Stella Maris, non presentava nulla di medico-scientifico e oggettivo, come si evince dalla superficialità e disumanità del questionario - nel quale si pone l’accento sui sintomi comportamentali del “disturbo” e si ignora invece del tutto l’azione del contesto, la storia personale del bambino e la rete di relazione in cui è inserito - , ma piuttosto un approccio metodologico tipico delle strategie di marketing, come la creazione della “proiezione della necessità” e la definizione di una nicchia di mercato a cui indirizzare i trattamenti farmacologici, in previsione della reintroduzione nel nostro paese del Ritalin, che era stato ritirato dal commercio nel 1989 perché nocivo alla salute.
Ma il fenomeno della psichiatrizzazione dell’infanzia, oltre ad essere palesemente legato agli interessi delle multinazionali farmaceutiche, che non badano a spese per comprare medici, istituzioni e mezzi d’informazione pur di aumentare i propri guadagni, e che dalla produzione e pubblicizzazione di psicofarmaci inducono bisogni e consumi standardizzati, ricavando strepitosi guadagni e trasformando il concetto di salute in un bene di consumo - ed il ministero della sanità in agenzia promozionale fautrice di propagande disinformative - , è dovuto alla volontà di controllo da parte del potere, poiché permette di velocizzare il processo di osservazione e normalizzazione dei nostri comportamenti e di reprimere sin dall’infanzia l’elemento di disturbo dell’ordine sociale costituito.

martedì 17 febbraio 2009

merc.4 marzo presentazione del libro "divieto d'infanzia" di c.gazzola

MERCOLEDI' 4 MARZO 2009
ORE 18
c/o l’aula magna
della facoltà di scienze politiche
in via serafini 3 a Pisa
IL COLLETTIVO ANTONIN ARTAUD
L'ASSOCIAZIONE AUT AUT
LA BIBLIOTECA FRANCO SERANTINI
presentano
DIVIETO D'INFANZIA ed.bfs
psichiatria, controllo, profitto
di C.Gazzola
sarà presente l'autrice
a seguire dibattito
per info:

Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org