A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

domenica 31 ottobre 2021

RECENSIONE del Libro “IL POTERE DELLA PAROLA” uscita su Umanità Nova

 È uscita su Umanità Nova la recensione, che abbiamo scritto come collettivo Artaud, del libro "il potere della parola" di Sara Manzoli edizioni Sensibili Alle Foglie. Sotto trovate il link.

https://umanitanova.org/il-potere-della-parola-recensione/

IL POTERE DELLA PAROLA. La carenza dialogica nelle relazioni tra utenti e operatori nell'istituzione psichiatricadi Sara Manzoli edizioni Sensibili Alle Foglie, 2021.

Questo libro è frutto di un cantiere di socioanalisi narrativa svolto dall’autrice Sara Manzoli con persone che sono seguite dai servizi psichiatrici di Modena e provincia.

Nella socioanalisi la narrazione dell’esperienza su cui si vuole portare l’attenzione diventa un dispositivo di ricerca che consente, attraverso il lavoro di gruppo, di fare emergere i molti non detti, ovvero quei dispositivi occulti e totalizzanti che, per le persone implicate, risultano alienanti, mortificanti e fonte di malessere. Attraverso le narrazioni d’esperienza, con l’intervento socioanalitico, si cerca di mettere a fuoco le varie modalità attraverso cui le persone si adattano o resistono in modo creativo all’azione dei dispositivi di potere. La narrazione e il racconto sono potenti strumenti di elaborazione del proprio vissuto, servono per crescere, per migliorarsi, per mettersi in discussione e per andare avanti nel viaggio della vita; questa è l’ottica con cui le persone che hanno partecipato al cantiere si sono approcciate a questa esperienza collettiva.

Gli ambiti emersi dai racconti e presi in considerazione in questo lavoro sono la mancanza di dialogo fra paziente e psichiatra, i ricoveri psichiatrici, i Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO), i dispositivi di controllo che vengono applicati nei reparti ospedalieri e nei contesti residenziali, la terapia psicofarmacologica, lo stigma.

In questo testo abbiamo trovato spunti di riflessione e meccanismi della psichiatria che da anni denunciamo come collettivo antipsichiatrico. I colloqui troppo brevi dove ti tengono giusto il tempo per darti la terapia e non c’è la possibilità di essere ascoltati o di esprimere i dubbi e le difficoltà. La parola della persona diagnosticata (marchiata) malata di mente non viene presa in considerazione, anzi spesso, considerata sintomo della malattia. Le persone protagoniste del cantiere raccontano che sono obbligate a frequentare i servizi psichiatrici e costrette ad assumere psicofarmaci e che devono continuare a prenderli per il resto della vita, proprio come un “diabetico prende l’insulina”. L'unico interesse della psichiatria non sembra essere quello dichiarato della "cura", ma la progressiva cronicizzazione del malessere: tutte le altre discipline mediche hanno come obiettivo la dimissione del malato, il sistema psichiatrico, invece, ti prende in carico a vita.

L’inganno maggiore di questo sistema sta nel credere che un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) duri in fondo solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore; e nel pensare che, sì, in effetti è un sequestro di persona legalizzato. La verità è che il Trattamento Sanitario Obbligatorio implica una coatta presa in carico della persona da parte dei Servizi di salute mentale del territorio che può durare per decenni, proprio come è successo a vari partecipanti al cantiere. Una volta entrato in questo meccanismo infernale, una volta bollato con l’infamia della malattia mentale, il paziente vi rimane invischiato a vita, costretto a continue visite psichiatriche e soprattutto, a trattamenti con farmaci obbligatori pena un nuovo ricovero. Per i pazienti ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora al''isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è sottoposti. Ecco come l'obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente la reclusione in una struttura, ma si trasformi nell'impossibilità di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto sfruttato come strumento di ricatto e repressione.

Un altro capitolo del libro è dedicato all’obbligo di cura e di assunzione di psicofarmaci. Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, se presi per lunghi periodi alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti. Sappiamo bene che le persone trattate con psicofarmaci aumentano la probabilità di trasformare un episodio di sofferenza in una patologia cronica. La maggior parte di coloro che ricevano un trattamento farmacologico va incontro a nuovi e più gravi sintomi psichiatrici, a patologie somatiche e a una compromissione cognitiva. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il concetto di libero arbitrio. Come collettivo, non condanniamo a priori l'utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all'individuo deciderne in libertà e consapevolezza l'assunzione.

Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni: diagnosi, etichetta e cura farmacologica crediamo che rivendicare il diritto ad avere parola e all'autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi riappropriarsi delle proprie esperienze, delle difficoltà, delle sofferenze e della molteplicità di maniere per affrontarle. La logica psichiatrica sminuisce le sofferenze delle persone, riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita.

È necessario operare contro l’invalidante stigma psichiatrico affinché l’Istituzione psichiatrica dia ascolto e credito alle parole delle persone. La restituzione sociale del cantiere proposta nel libro si pone come obiettivo il mettere in luce quanto a livello di ascolto e scambio dialogico sia ancora necessario fare per poter arrivare a un reale processo di condivisione del percorso terapeutico. Dalle narrazioni emerge una precisa richiesta di un maggior dialogo tra utenti e operatori, di sviluppare pratiche alternative alla cura farmacologica, nella prospettiva di elaborare un metodo che modifichi radicalmente, sovvertendole, le Istituzioni psichiatriche nel loro complesso.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

antipsichiatriapisa@inventati.org

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sabato 30 ottobre 2021

LIVORNO. sab 6 e dom 7 Novembre: BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!


 BASTA MORIRE DI CONTENZIONE!!

ABOLIAMO LA CONTENZIONE!!

Sono ancora scarse le informazioni riguardanti la morte della persona, originaria della Val di Cornia, ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno deceduta a inizio aprile di quest’anno dopo essere stato legata al letto per oltre una settimana. Le generalità non sono ancora state rese pubbliche. Non sappiamo se è stata fatta un’autopsia e se c’è un indagine della magistratura in corso. Non sappiamo quante contenzioni vengono fatte nel reparto di Livorno.

Di sicuro nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO.

Il 13 agosto del 2019, nel reparto psichiatrico dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è morta durante un incendio Elena Casetto, 19 anni, bruciata viva nel letto al quale era legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. A oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale.

Un episodio simile era accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli nel 1974, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l'incendio che l'aveva avvolta nel letto di contenzione al quale era stata legata ininterrottamente per 43 giorni.

Il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 87 ore consecutive di contenzione nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania, provincia di Salerno. Era stato ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio, senza rispettare le procedure previste dalla legge; sedato e legato con fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza nessuno che si preoccupasse di lui fino alla morte.

Nel caso Mastrogiovanni la Corte di Cassazione ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica.

Purtroppo contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente anche nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. In nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Anche la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come “malate mentali” a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso interesse. Chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona, tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere nei servizi psichiatrici un atteggiamento custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini.

Sappiamo inoltre, di numerose esperienze in Italia e all’estero dove viene evitata la contenzione. In solo 15 reparti italiani su 320 viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Sappiamo che questi dispositivi sono strutturali ai luoghi di reclusione e abbandono, ma ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali, penitenziarie italiane e in tutti i luoghi di reclusione.

Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

a LIVORNO:

Sabato 6 Novembre:

- PRESIDIO CONTRO LA CONTENZIONE piazza Damiano Chiesa davanti l’Ospedale nel pomeriggio dalle ore 16

- alle ore 20 PANINI VEGAN + MUSICA all’ Ex Caserma Occupata in via Adriana 16


Domenica 7 novembre:

- ore 10 all’ Ex Caserma Occupata inizio assemblea antipsichiatrica

- ore 13 Pranzo a cura di Cucina IppoOasi

nel pom proseguimento assemblea

mercoledì 27 ottobre 2021

Il PROSSIMO SPORTELLO D'ASCOLTO SI TERRA' MARTEDì 9 NOVEMBRE

Vi informiamo che lo SPORTELLO D’ASCOLTO ANTIPSICHIATRICO previsto per martedì 2 novembre non sarà effettuato. Lo SPORTELLO si terrà regolarmente martedì 9 novembre allo stesso orario , dalle ore 15:30 alle 18:30 presso la nostra sede in via San Lorenzo 38 a Pisa.


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
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lunedì 25 ottobre 2021

Firenze: giovedì 4/10 presentazione del libro "CONVERSAZIONI CON UN RIVOLUZIONARIO" c/o Associazione Mariano Ferreyra

FIRENZE GIOVEDì 4 NOVEMBRE 2021 alle ore 19 in via degli Alfani 13 Rosso

l’ Associazione Mariano Ferreyra Collettivo Politico 13 Rosso e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud presentano il libro:

CONVERSAZIONI CON UN RIVOLUZIONARIO

di Mauro Damiani e Giulia Spalla

Edizioni Sensibili Alle Foglie

ne parliamo con l’autore Mauro Damiani, Sandro Targetti, il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud e la psicologa Giulia Spalla

Ore 21 Cena a Buffet di Finanziamento


lunedì 18 ottobre 2021

sab 6 e dom 7 Novembre a Livorno: BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

a LIVORNO: Sabato 6 Novembre:

- PRESIDIO CONTRO LA CONTENZIONE piazza Damiano Chiesa davanti l’Ospedale nel pomeriggio dalle ore 16

- alle ore 20 PIZZATA + MUSICA all’ Ex Caserma Occupata in via Adriana 16


Domenica 7 novembre: - ore 10 all’ Ex Caserma Occupata inizio assemblea antipsichiatrica

- ore 13 Pranzo a cura di Cucina IppoOasi nel pom proseguimento assemblea

sabato 16 ottobre 2021

LIVORNO sab 6 e dom 7 Novembre: BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !!

 Programma e Appello 2 gg CONTRO LA CONTENZIONE A LIVORNO!

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

a LIVORNO:

Sabato 6 Novembre:

- PRESIDIO CONTRO LA CONTENZIONE piazza Damiano Chiesa davanti l’Ospedale nel pomeriggio dalle ore 16

- alle ore 20 PIZZATA + MUSICA all’ Ex Caserma Occupata in via Adriana 16

Domenica 7 novembre:

- ore 10 all’ Ex Caserma Occupata inizio assemblea antipsichiatrica

- ore 13 Pranzo a cura di Cucina IppoOasi nel pom proseguimento assemblea

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE!! ABOLIAMO LA CONTENZIONE!!

Sono ancora scarse le informazioni riguardanti la morte della persona, originaria della Val di Cornia, ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno deceduta a inizio aprile di quest’anno dopo essere stato legata al letto per oltre una settimana. Le generalità non sono ancora state rese pubbliche. Non sappiamo se è stata fatta un’autopsia e se c’è un indagine della magistratura in corso. Non sappiamo quante contenzioni vengono fatte nel reparto di Livorno.

Di sicuro nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO.

Il 13 agosto del 2019, nel reparto psichiatrico dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è morta durante un incendio Elena Casetto, 19 anni, bruciata viva nel letto al quale era legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. A oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale.

Un episodio simile era accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli nel 1974, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l'incendio che l'aveva avvolta nel letto di contenzione al quale era stata legata ininterrottamente per 43 giorni.

Il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 87 ore consecutive di contenzione nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania, provincia di Salerno. Era stato ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio, senza rispettare le procedure previste dalla legge; sedato e legato con fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza nessuno che si preoccupasse di lui fino alla morte.

Nel caso Mastrogiovanni la Corte di Cassazione ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica.

Purtroppo contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente anche nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. In nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Anche la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come “malate mentali” a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso interesse. Chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona, tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere nei servizi psichiatrici un atteggiamento custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini.

Sappiamo inoltre, di numerose esperienze in Italia e all’estero dove viene evitata la contenzione. In solo 15 reparti italiani su 320 viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Sappiamo che questi dispositivi sono strutturali ai luoghi di reclusione e abbandono, ma ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali, penitenziarie italiane e in tutti i luoghi di reclusione.

Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.

Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org