A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

sabato 10 aprile 2021

articolo di Chiara Gazzola " STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE" uscito sul numero di aprile di "Sicilia Libertaria""

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Chiara Gazzola dal titolo “STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE” uscito  numero di aprile 2021 di “Sicilia libertaria” .

 

STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE

“Salute mentale”, abuso concettuale in uno slalom di tesi utile a definirne la
carenza: le condizioni esistenziali che si discostano da un ipotetico equilibrio
psicofisico di adattamento alle difficoltà. Si evita così di scalfirne le cause,
poiché significherebbe puntare il dito alle iniquità sociali. E così non si guarda
il dito, né si considera cosa stia segnalando, ma lo si penalizza registrandolo
come “indicatore” (sintomo) di patologia.
I diversi approcci alla disciplina psichiatrica sembrano concordi nel definire la
salute come il risultato fra stile di vita, condizioni socio-ambientali e capacità
individuale di risposta a eventi esterni. Eppure non esiste protocollo sanitario
che prenda in considerazione questa complessità di fattori.
Se si rompe un tubo dell’acqua in una casa costruita su un terreno franoso, chi
trae vantaggio nell’aggiustare il tubo? La salute, intesa come un insieme di
risposte organiche, sensoriali e sociali, è quindi argomento di riflessioni
filosofiche o antropologiche ma, se la politica le sovrasta, qualsiasi squilibrio
rimane appannaggio esclusivo dell’industria farmacologica che non ha interesse
a rimuovere i divari sociali causa di tanti malesseri.
Nel frattempo la psichiatria si concentra sulla denominazione dei disturbi. Fatta
la diagnosi, esclusivamente attraverso un’osservazione clinica soggettiva e non
comprovata da test oggettivi, si passa alla cura.
E quale occasione più ghiotta della pandemia per “scoprire” nuove sindromi?
Le prime pubblicazioni in era covid individuavano risposte patologiche come
varianti del DSPT (disturbo da stress post traumatico).
Lo scorso agosto la rivista scientifica Brain, behavior and Immunity informava
che l’infiammazione da covid-19 è un fattore di rischio per la depressione.
L’ampia gamma di molecole antidepressive e ansiolitiche è una voce prevalente
del fatturato farmacologico: come avrebbe potuto l’invadenza del virus non
andare a braccetto con una delle “malattie” più diffuse al mondo?
Uno studio dell’Ospedale San Raffaele di Milano condotto su 402 pazienti
guariti dal covid afferma che il 56% manifesta disturbi psichici multipli: DSPT
28%, depressione 31%, ansia 42%, insonnia 40%, sintomi ossessivo-compulsivi
20%; le sindromi depressive compaiono più facilmente nelle donne e si ipotizza
che la maggiore vulnerabilità sia dovuta al “diverso funzionamento del sistema
immunitario nelle sue componenti innate e adattive”.
Il XII Congresso nazionale SINPF (società italiana di neuropsicofarmacologia),
stando ai report recenti di vari quotidiani, rileva che l’aumento dei disagi
psichici in era di pandemia stia attivando una vera e propria sindemia, un mix di
pericolo clinico e sociale dovuto alla paura del contagio, allo stress da
confinamento e alla crisi economica. Un contagio nel contagio? La probabilità
di sviluppare sintomi depressivi nei soggetti colpiti dal virus, o da lutti in famiglia, aumenterebbe di 5 volte e così si legittima la previsione di 800mila
nuove pazienti, con un’aspettativa di incidenza fino al 32%! L’incremento di
vendite di psicofarmaci interesserebbe donne e adolescenti, in quanto categorie
maggiormente colpite da perdita di lavoro e di socialità.
Per l’OMS (organizzazione mondiale di sanità) “la tutela della salute mentale è
una priorità correlata alla pandemia in atto”, mostrandosi preoccupata per i
nuovi disturbi “erroneamente inclusi nei DSPT”. Nasce quindi l’esigenza di
nuove nomenclature per meglio definire uno “stress individuale/comunitario e
non convenzionale, sospeso, subacuto, perdurante e perturbante che può
evolvere in persistente”. Viene spiegato che le definizioni di “perturbante e non
convenzionale” descrivono una sofferenza che va a dissestare il futuro: la
percezione di furto del futuro come nuova condizione clinica! Uno stress che
attraversa varie fasi: la prima, incredulità e sottovalutazione difensiva; la
seconda, l’incredulità si trasforma in angoscia all’evidenza di malati e morti; la
terza, perdite affettive e insicurezza economica, riducendo la plasticità adattiva
e l’istinto di sopravvivenza, innescano la paura del fallimento. Ma l’OMS
individua anche un nuovo agente patogeno: la infodemia. Trattasi dell’eccesso
di informazioni e del rimbombo di commenti da cui siamo invasi. Altro
contagio nel contagio: le notizie a contenuto angosciante e contraddittorio
produrrebbero lesioni bisognose di cure da somministrare a chi ne soffre, non
certamente a chi alimenta questo giornalismo!
Uno studio condotto dall’Università di Oxford, e pubblicato da The lancet
psychiatry, afferma che a 90 giorni dal contagio da covid nel 20% dei casi
insorgono disturbi al sistema nervoso centrale e che i soggetti in cura
psichiatrica sono più esposti (65% dei casi) a contrarre il virus. Se ne deduce:
“queste evidenze stanno convincendo sempre di più i ricercatori che esiste una
stretta correlazione fra le malattie psichiche e il virus”.
L’IEUD (istituto europeo per il trattamento delle dipendenze) ha registrato, nel
primo semestre 2020, un aumento del 4% del consumo di benzodiazepine.
L’AIFA (agenzia italiana del farmaco) riporta che nel 2020 la vendita di
ansiolitici si è incrementata del 12%, dati definiti “allarmanti” in quanto non
corrispondono alle diagnosi stilate: gli psicofarmaci vengono definiti
“pericolosi se presi senza prescrizione medica”. Si individuano le cause dei
nuovi malesseri nel telelavoro, nella didattica a distanza, nelle restrizioni agli
spostamenti, nella paura del contagio, nella precarietà economica, nel rischio di
essere considerati “untori”.
Ecco innescata una spirale velenosa affinché la psichiatria possa continuare a
mettere le sue toppe mediche a problematiche sociali e ad accaparrarsi la facoltà
di diagnosi/cura/controllo, di produrre stigmi (questi sì, reali e persistenti!), di
annullare le dignità individuali e di farsi paladina di una salute mentale tanto
millantata, quanto svilita: uscire dal labirinto le sarebbe controproducente!

Chiara Gazzola

Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org