APPELLO per il MANTENIMENTO DEFINITIVO e GARANTITO dei COLLOQUI AUDIO-VISIVI negli ISTITUTI PENITENZIARI
PER
IL MANTENIMENTO DEFINITIVO E GARANTITO DEI COLLOQUI AUDIO-VISIVI NEGLI ISTITUTI
PENITENZIARI.
APPELLO
ALLE ISTITUZIONI, ALLA SOCIETÀ CIVILE, AI DETENUTI, ALL'ASSOCIAZIONISMO E AI
LIBERI CITTADINI
FIRMA ANCHE TU SU
https://www.change.org/p/alfonso-bonafede-firma-per-mantenere-i-collegamenti-skype-in-carcere-per-tutti-i-detenuti
Covid-19:
la sospensione dei colloqui, le rivolte, la rappresaglia.
La dichiarazione di emergenza sanitaria, a
seguito della pandemia di covid-19, ha comportato come prima misura la
sospensione dei colloqui nelle carceri.
In prigione, il rischio di contagio è
alto, dato che – in condizioni “normali” – oltre la metà dei detenuti ha tra i
quaranta e gli ottant'anni e che è altissima la percentuale di coloro che
presentano almeno una malattia cronica o un sistema immunitario compromesso.
Tuttavia, più che la paura di fare la “fine del topo” in caso di contagi, è
stata la sospensione delle visite dei familiari a fare male e a dare il via
alle rivolte di inizio marzo 2020. Da sempre, la letteratura carceraria e le
testimonianze dei reclusi confermano che il colloquio è l'unica boccata d'aria
vitale che permette di sentirsi ancora umani.
Dopo quarant'anni, i detenuti sono tornati
sui tetti delle carceri, hanno occupato i corridoi, sono insorti contro un
provvedimento che tagliava il loro unico contatto col mondo, coi figli, con i
partner, coi genitori. Nelle molte rivolte – a Modena, Foggia, Salerno, Napoli,
etc. – sono stati incendiati materassi e alcune suppellettili. Almeno seimila
detenuti ne hanno preso parte. Quattordici hanno drammaticamente perso la vita.
A corpi ancora caldi, senza alcuna autopsia, senza alcun esame tossicologico,
istituzioni e organi di stampa si sono affrettati a dichiarare che tutti i
decessi sono
avvenuti per overdose da cocktail di droghe pesanti.
In
molti istituti si sono registrate segnalazioni di vere e proprie
rappresaglie, con trasferimenti in massa punitivi e violenze da parte del
personale di polizia penitenziaria. In alcuni casi gli agenti avrebbero agito
anche contro detenuti che non avevano preso parte alle rivolte, anziani e
malati. I fatti di cronaca sono numerosi. Alcuni esempi:
−
nel
carcere di Opera gli agenti avrebbero usato manganelli sulle braccia e sulle
mascelle dei prigionieri e avrebbero inferto calci nei testicoli;
−
nel
carcere di Melfi i detenuti sarebbero stati denudati, picchiati, insultati,
messi in isolamento e costretti a firmare fogli in cui dichiaravano di essere
accidentalmente caduti;
−
nel
carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo una pacifica battitura delle sbarre
(sistema non violento per fare rumore in segno di protesta), quattrocento
agenti in tenuta antisommossa sarebbero entrati con volti coperti e mani
guantate per reprimere violentemente i “rivoltosi”.
Decine di agenti hanno ricevuto avvisi di
garanzia per il reato di tortura. I fatti sono ancora al vaglio degli
inquirenti, ma destano grande angoscia e preoccupazione in ogni sincero
cittadino democratico.
Cosa
significa fare un colloquio in carcere.
Fare un colloquio di persona in carcere
non è così semplice da sopportare né piacevole come si pensa. I detenuti sono
perquisiti, denudati e osservati nell'ano. Anche i familiari sono perquisiti,
sebbene in modo meno invasivo. Moltissimi prigionieri risiedono in istituti
lontani dal luogo di residenza: per fargli visita, le famiglie devono
percorrere centinaia di chilometri, moltissime ore di viaggio, con una spesa
economica spesso insostenibile per l'aereo, il traghetto, il treno o l'automobile.
Donne, anziani e bambini stanchi e provati dal lungo viaggio entrano in carcere
per riabbracciare il loro congiunto, senza che nessuno offra loro un po'
d'acqua. Il colloquio avviene sotto l'occhio vigile dell'autorità, che
interviene per impedire un bacio solo un po' passionale tra marito e moglie, o
per richiamare un bambino troppo vivace che ha il desiderio di alzarsi e
correre qua e là. Terminato il breve tempo del colloquio, i saluti devono
essere rapidi e i blindati si richiudono rinnovando ogni volta, senza pietà, la
separazione.
Molti detenuti non hanno famiglia in
Italia; moltissimi risiedono in regioni distanti da casa; per una moltitudine
di famiglie il costo dello spostamento per un colloquio diretto è
insostenibile.
Eppure, nonostante questo, il colloquio in
carcere rimane l'unica cosa per cui valga la pena lottare, sebbene
l'istituzione faccia il possibile per renderlo il meno appetibile possibile.
Perché
tutto non vada perso.
Le dimostrazioni dei detenuti hanno
ottenuto un risultato imprevisto e importante: la possibilità di accedere ai colloqui via
Skype.
I colloqui via Skype non sono una novità
legata alla pandemia. Erano stati avviati in via sperimentale in alcuni
istituti e, con una circolare del 19 gennaio 2019, il Dipartimento
dell'Amministrazione Penitenziaria e la Direzione Generale Detenuti e
Trattamento hanno tratto un bilancio della sperimentazione dando il via alla
possibilità del colloquio telematico ai detenuti di “media sicurezza”. La
Circolare stabilisce che i collegamenti audio-visivi sono paragonabili ai
colloqui ordinari e che li sostituiscono, per un massimo di sei collegamenti al mese della durata di
un'ora. La piattaforma usata è Skype for business, che si avvale della rete
intranet del Ministero della Giustizia e che pertanto “fornisce le garanzie
necessarie in termini di sicurezza”. Il collegamento è visibile al personale
incaricato da una postazione remota. In caso di comportamenti “non corretti del
detenuto” o dei familiari, la comunicazione viene interrotta, con la
conseguenza della interruzione del diritto
alla video-chiamata da parte del detenuto coinvolto. Il collegamento telematico
è dunque sicuro, controllato e pensato dall'Amministrazione Penitenziaria per
“facilitare le relazioni familiari”.
Questo era lo stato dell'arte, rimasto
sperimentale, fino allo scoppio della pandemia.
La novità è che molti detenuti hanno
potuto accedere per la prima volta ai colloqui via Skype, finalmente introdotti
in molti penitenziari italiani.
L'introduzione dei collegamenti
audiovisivi – dice il garante dei detenuti di Livorno Giovanni De Peppo –
alleggerisce “il clima di preoccupazione per la sospensione delle visite” e ha
stemperato le tensioni. Questo conferma che le rivolte sono rientrate a seguito
dell'introduzione dei contatti telematici con le famiglie, e che tale
introduzione è da ritenersi una conquista.
L'emergenza scatenata dal covid-19 ha
messo in luce l'importanza vitale dei colloqui per i prigionieri. Come
evidenziato dai garanti per i detenuti, i colloqui via Skype dovrebbero essere
estesi a tutti i detenuti, al di là della sezione di appartenenza. Non solo a
quelli in media sicurezza, ma anche a quelli in Alta
Sicurezza e in tutti gli altri reparti. In gioco ci sono i diritti
all'affettività, all'amore familiare, alla genitorialità e al coniugio, che
sono diritti inviolabili dell'Uomo e devono pertanto essere garantiti e
protetti.
L'accelerazione dell'uso di collegamenti
audio-visivi, in sostituzione dei colloqui di persona sospesi, è una vittoria
dei detenuti: il sistema penitenziario si era infatti limitato in un primo
momento a sospendere le visite ampliando il numero di telefonate, ed è stato grazie alle
dimostrazioni che si è riusciti a strappare questa importante apertura.
L'ottenimento del colloquio via Skype
permette a molti detenuti di evitare le profanazioni corporali della
perquisizione integrale, di evitare il carico di fatica, di giornate lavorative
perse e di aggravio economico delle famiglie. Ma non solo. Attraverso il
monitor il detenuto ha potuto per la prima volta dopo molti anni rivedere la
cucina di casa, la camera da letto, i giochi che i figli non possono portare in
carcere. Ha potuto rivedere i colori e sentire i rumori della vita domestica
che la memoria aveva cominciato a cancellare.
È il momento di ascoltare e di dare la parola agli “ultimi”. Da
alcuni penitenziari si leva la voce che chiede di mantenere i colloqui
audiovisivi anche una volta usciti dall'emergenza. Lo hanno chiesto, per
esempio, i detenuti di Livorno in una lettera al Presidente della Repubblica e
al Ministro della Giustizia. È importante raccogliere il loro appello perché è
dalla sinergia tra “dentro” e “fuori” che si possono estendere diritti e si può
far sì che le conquiste non vengano cancellate con un colpo di spugna.
Troppo spesso si dimentica che anche la
popolazione detenuta è tutelata dalla nostra Costituzione e dalle carte
internazionali dei diritti umani.
Troppo spesso si dimentica che ogni nostro
diritto non è stato generosamente elargito, ma è stato conquistato con un
carico di sangue e lotta, anche in condizioni estreme.
Troppo spesso si dimentica che i diritti
costituzionali sono il risultato del sangue versato dalla lotta partigiana
contro il nazifascismo. Che i diritti sindacali sono il risultato delle lotte
dei lavoratori e del loro tributo di vite umane. Che i diritti di genere sono
il risultato della mobilitazione di milioni di donne liberatesi dalla
persecuzione e dalla discriminazione del patriarcato. Che il miglioramento
delle condizioni di vita dei detenuti sono il risultato di una mobilitazione
per i diritti civili da parte di quei settori della società che sono stati in
grado di ascoltare le ragioni degli “ultimi”.
SI FACCIA NOSTRO L'APPELLO, PROVENIENTE
DALLE CELLE, A CHI HA RUOLI E COMPETENZE PER INTERVENIRE, AFFINCHÉ I COLLOQUI
AUDIOVISIVI VIA SKYPE NON CESSINO, SIANO ESTESI E GARANTITI A TUTTI I DETENUTI
SENZA DISCRIMINAZIONI E SIA PERMESSO AL PRIGIONIERO DI SCEGLIERE TRA IL
COLLOQUIO DI PERSONA E QUELLO AUDIO-VISIVO.
Perché tutto non vada perso; perché chi è
morto, chi ha subito violenze e torture e chi ha avuto il coraggio di
manifestare le proprie preoccupazioni sappiano che non tutto è stato vano;
perché il nostro sentirci vicini ai “dannati della terra” sia fruttuoso di
risultati in termini di solidarietà e di contributo al miglioramento delle
condizioni di vita di tutti.
PRIMI FIRMATARI:
William Frediani,
scrittore,
Silvia Fruzzetti,
resp. CARC Toscana,
Yairaiha onlus,
Sandra Berardi,
Pres. Yairaiha onlus,
Carlo Alberto Romano,
docente Università di Brescia,
Samuele Ciambrello,
garante regionale dei detenuti Campania,
Francesca de Carolis,
giornalista,
Mario Spada,
architetto,
Vincenzo Scalia,
criminologo University of Winchester,
Caterina Calia,
avvocato,
Gerardo Pastore,
docente Università di Pisa,
Francesco Maisto, garante dei detenuti Milano,
Simonetta Crisci, avvocato,
Giuristi Democratici,
Eleonora Forenza,
ex deputato, dirigente nazionale del Partito della Rifondazione Comunista,
Fabio Mugnaini, docente Università Siena,
Francesca Vianello, docente Università di Padova,
Giuseppe Mosconi, docente Università di Padova in
pensione,
Francesco Ceraudo, ex Pres. Associazione Medici
Penitenziari,
Nicoletta Dosio, attivista no TAV,
Giusy Torre, Yairaiha onlus,
SenzaConfine,
Antonio Perillo, PRC-SE,
Giuseppe Lanzino, avvocato Yairaiha onlus,
Aurora d'Agostino, avvocato,
Mario Pontillo, volontario penitenziario,
Carmelo Musumeci, scrittore e attivista per l'abolizione
dell'ergastolo,
Damiano Aliprandi, giornalista,
Mario Arpaia, pres. Ass. Memoria Condivisa,
Gianluca Schiavon, resp. naz. giustizia PRC,
Lisa Sorrentino, avvocato Yairaiha onlus,
Grazia Paletta, volontaria penitenziaria,
Pietro Ioia, garante detenuti di Napoli,
Ex DON, ex Detenuti Organizzati Napoli,
Francesco Cirillo, giornalista e scrittore,
Maurizio Nucci, ex pres. Camera Penale Fausto Gullo
CS,
Domenico Bilotti, docente Università Magna Grecia,
Giovanni Russo Spena, PRC,
Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra
Europea,
Italo Di Sabato, Osservatorio sulla Repressione,
Osservatorio sulla Repressione,
Giuseppe Ferraro, docente Università Federico II Napoli,
Francesca Rinaldi, Milano,
Francesca Montalto, docente,
Paolo Conte, avvocato,
Fortunato Maria Cacciatore, docente
Università della Calabria,
Carla Gueli, insegnante e dottore di ricerca,
Sara Manzoli, operatrice Sociale coop. Aliante
Modena,
Giorgio Canali, musicista,
Giuseppe Milazzo, avvocato,
Maria Grazia Caligaris, Ass.
Socialismo, diritti e riforme,
Frank Cimini, giornalista,
Vittorio Da Rios,
Pasquale De Masi, Yairaiha onlus,
Valerio Guizzardi, Papillon Rebibbia - sez. Bologna,
Brunella Bertucci, comitato Piazza Piccola Cosenza,
Partito Risorgimento Socialista,
Maurizio Neri, part. Risorgimento Socialista Roma,
Ugo Maria Tassinari, scrittore,
Ilario Ammendolia, scrittore,
Antonio Esposito, scrittore,
Yasmine Accardo, Campagna LasciateCIEntrare,
Valentina Colletta, avvocato,
Rocco Altieri, Centro Gandhi Pisa,
Gianfranco Castellotti, Centro
Culturale Berkin Elvan,
Maria Grazia Vanelli, operaia, Centro Culturale Pablo Neruda,
Gea Tahiri, Assistente sociale,
Ass. Il Viandante, Roma,
Genny Federigi, Pres. Ass. Gabbia/No Roma,
Ass. Gabbia/No, Roma,
MGA sindacato nazionale forense,
Beppe Battaglia, volontario penitenziario,
Elisabetta Della Corte, docente
Università della Calabria,
Bruno Monzoni, Redazione Ristretti Orizzonti,
Pietro Vangeli, Segretario Nazionale del P.CARC,
Pablo Bonuccelli, Direttore di Resistenza (P.CARC),
Igor Papaleo, Direttore delle Edizioni Rapporti
Sociali,
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Pisa.