CANAPISA 2014: LA PSICHIATRIA RENDE LIBERI?
LA PSICHIATRIA RENDE LIBERI ? Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa
e favorisce l'espandersi della psichiatria; motivo per cui anche quest'anno partecipiamo alla manifestazione/ street parade antiproibizionista CANAPISA
che si terrà a Pisa sabato 31 maggio in piazza S. Antonio alle ore 16 portando le nostre istanze
antipsichiatriche e ribadendo con forza il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie opinioni.
Oggi l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di esclusione e controllo, ed ha
enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle
“malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare.
Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure
psichiatriche, trasformando un problema sociale in una questione sanitaria. Negli ultimi anni a causa del decreto Fini-Giovanardi ed alle nuove proposte di legge
in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i
consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l'industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia
diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro
"malattia mentale". Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria
diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che, sono spesso introdotti
coercitivamente nel corpo delle persone. Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano
il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando la possibilità di fare
scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori,
a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro
proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo contro l'obbligo di cura, infatti non siamo a priori contro l'utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo
che spetti all'individuo deciderne in libertà e consapevolezza l'assunzione. Sentiamo pertanto l'esigenza
di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse
economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il fine contenitivo di tali sostanze è evidente: la distribuzione di psicofarmaci è oramai prassi diffusa anche
all'interno di altre istituzioni totali. Nei CIE (centri identificazione ed espulsione) gli psicofarmaci vengono
spesso somministrati sia nascosti negli alimenti che forzatamente. Le carceri italiane favoreggiano l'uso diffuso, abituale (tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi,
soprattutto benzodiazepine, per tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i detenuti, che, pur non facendo
uso di stupefacenti , vengono così indirizzati verso la psicofamacologia. Invece di avere come fine primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l'uso di psicofarmaci,
che permette di controllare chimicamente l'umore, di lenire l'ansia della carcerazione. L'istituzione carceraria
si serve della psichiatria per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più semplice controllo della massa
dei detenuti, costretti a subire gravi situazioni di degrado e sovraffollamento.
Ad oggi abbiamo
circa 320 reparti psichiatrici, gli SPDC (Servizio Psichiatrico
Diagnosi e Cura) e oltre 3200 strutture psichiatriche residenziali e
centri diurni sul territorio dove in molti casi si sono conservati i
dispositivi e gli strumenti propri dei manicomi, quali il controllo
del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla
contenzione fisica. La riforma del sistema psichiatrico si è
rivelata più verbale che materiale: ai cambiamenti formali non sono
seguite differenze sostanziali delle condizioni di vita dei soggetti
internati. Quello che è certo è che la "rivoluzione
psichiatrica all’italiana" ha riguardato solo i luoghi della
psichiatria, ma non i trattamenti e le logiche sottostanti.
La
legge 180 (nota come legge Basaglia) ha chiuso i manicomi nel 1978 ma
mantiene inalterato il principio di manicomialità, in base al quale
chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato
mentale” e quindi rinchiuso.
Se
l'articolo 32 della Costituzione garantisce il diritto alla libera
scelta del luogo di cura e quindi la volontarietà degli accertamenti
sanitari, con la legge 180 e la successiva 833/78 si stabiliscono dei
casi in cui il ricovero può essere effettuato indipendentemente
dalla volontà dell'individuo: è il caso del TSO (trattamento
sanitario obbligatorio) e dell'ASO (accertamento sanitario
obbligatorio). Se in teoria la legge prevede il
ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso
di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria
la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure
giuridiche e mediche necessarie per effettuare il TSO vengono
aggirate, nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti vengono
eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e spesso seguono
il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a
conoscenza delle normative e dei diritti di cui gode il ricoverato.
Diffusa è la pratica di mascherare tramite pressioni e ricatti, TSO
con ricoveri volontari. Spesso il paziente viene trattenuto dopo lo
scadere del TSO in regime di TSV (trattamento sanitario volontario)
senza essere messo a conoscenza del fatto che può lasciare il
reparto, oppure, persone che si recano in reparto in regime di TSV
vengono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di
andarsene. L'ASO funziona come trampolino di lancio per portare la
persona in reparto, dove verrà poi trattenuta in regime di TSV o TSO
a seconda della propria accondiscendenza agli psichiatri. Per
i pazienti ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre
ancora al''isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails
di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé
della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere.
Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere
durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il
bombardamento chimico a cui si è sottoposti.
Negli
ultimi anni è aumentato in Italia l’uso dell’elettroshock per i
pazienti psichiatrici, ad oggi in Italia i presidi sanitari che
praticano l'elettroshock sono 91 tra cliniche pubbliche e private.
All’interno delle strutture sanitarie vengano fatte
campagne di screening preventivi finalizzate all’incentivazione di
tale terapia soprattutto per quanto riguarda ipotetici problemi di
depressione post
partum dove la TEC viene addirittura
proposta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme
rispetto ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio o volontario che
impieghi gli psicofarmaci. Ci
teniamo a ribadire che l’elettroshock è una disumana violenza e un
attacco all'integrità psicologica e culturale dell’individuo che
lo subisce. Insieme ad altre comuni pratiche della psichiatria come
il TSO , la contenzione fisica, la terapia elettroconvulsivante è un
esempio della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla
psichiatria.
Il
collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud è un gruppo di persone
che si propone di sviluppare e diffondere una cultura
antipsichiatrica e di contrastare gli usi e gli abusi della
psichiatria attraverso attività di ricerca e di divulgazione e
offrendo ascolto, solidarietà e supporto legale alle vittime della
psichiatria.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa per info: antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org /3357002669