articolo su “DIVIETO D’INFANZIA. PSICHIATRIA, CONTROLLO, PROFITTO”
“DIVIETO D’INFANZIA. PSICHIATRIA,
CONTROLLO, PROFITTO”
di Chiara
Gazzola e Sebastiano Ortu, BFS
edizioni, Pisa 2018.
“ Siamo abbastanza liberi da esseri
capaci di non interferire nella vita di un’altra persona, quale che sia la sua
età? “(Alexander
Neil)
Nel 2008 la
prima edizione di Divieto d’Infanzia lanciava l’allarme sulla prescrizione di
psicofarmaci a bambini e adolescenti; oggi, la nuova edizione aggiornata fa i
conti con un progressivo aumento del consumo degli psicofarmaci da parte di
tutta la popolazione mondiale. E’un aggiornamento necessario vista la quinta
edizione del Manuale
Diagnostico e Statistico (DSM) del 2013, che ha previsto l’inserimento di nuove categorie diagnostiche
dedicate all’infanzia. Attraverso
il DSM, la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò
che non lo è. Questo allargamento dei confini diagnostici favorisce il
reclutamento in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini.
Il libro rivolge lo sguardo alla diagnosi di ADHD (deficit dell’attenzione e iperattività) in Italia, ai dati sulle altre patologie
psichiatriche e ai relativi farmaci nel mercato nazionale; mette in discussione
anche la tendenza alla medicalizzazione nelle scuole, cercando di dare degli
spunti e stimoli ad alternative concrete per ostacolarla.
Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno
diagnosi psichiatriche, in particolare disturbo dell’adattamento,
dell’attenzione, con iperattività, depressione, disturbo bipolare.
L’attuale tendenza dell’insegnamento e della pedagogia
è quella di farsi coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qualvolta un bambino
disturba o contrasta i programmi formativi. Il “disagio” comportamentale invece
di essere valutato come un campanello d’allarme nella relazione adulto-bambino,
viene incasellato come un difetto
dell’alunno. L’insegnante e l’educatore vengono così deresponsabilizzati e dispensati dal
modificare il loro approccio relazionale/educativo, delegando il problema ad un
esperto che lo affronterà dal punto di vista della salute mentale. Vince così
il paradigma biologico, secondo cui questi bambini hanno qualcosa che non va
nel loro cervello e che dovranno prendere psicofarmaci, forse per il resto
della loro vita.
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e
non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le
percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la
possibilità di fare scelte autonome, generando fenomeni di dipendenza ed
assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali
classificate come droghe pesanti. Presi per lungo tempo possono portare a danni
neurologici gravi che faranno del bambino un disabile.
A scuola, oggi, si mira sempre più ad un addestramento
alla produttività, all’efficienza, alla centralità del risultato. Sicuramente
gli stimolanti producano risultati positivi dal punto di vista delle
insegnanti, ma sono di aiuto anche per il bambino? Nessuno fa mai riferimento
specifico a quelli che possono essere i benefici per il diretto interessato.
Gli autori, Gazzola e Ortu, ci ricordano che insegnare
“è dare priorità alla relazione e saper sperimentare approcci didattici e
pedagogici a secondo della persona con la quale ci si relaziona.” Compito degli
adulti è difendere le nuove generazioni e tornare a riflettere sull’importanza
dell’ambito sociale, comunitario e relazionale per la loro educazione.
Questo libro ci invita a non cedere
al riduzionismo psichiatrico, a non psichiatrizzare ogni comportamento
disturbante e/o sofferente, affinché la fantasia, il senso critico e la libertà
di scelta continuino a caratterizzare l’infanzia.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669
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