A Pisa è nato il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud contro gli usi ed abusi della psichiatria.
Nessuno di noi è psichiatra, psicologo o uno "specialista " della mente ma siamo tutte persone
interessate a contrastare gli effetti nefasti che questa scienza del controllo produce sull'intero corpo sociale.
Ci sembra necessario mettere in discussione le pratiche di esclusione e segregazione indirizzate
a tutti quelli che non accettano il sistema di valori imposto dalla società.
E' arrivato il momento di rompere il silenzio che permette il brutale perpetuarsi di tutte le
pratiche psichiatriche e di smascherare l'interesse economico che si cela dietro
l'invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Ci proponiamo di fornire:
- un aiuto legale
- informazione sui farmaci e sui loro effetti
collaterali
- denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria

Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgano
tutti i martedì alle 21:30 c/o lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a PISA
per info : antipsichiatriapisa@inventati.org
3357002669

attivo il nuovo sito del collettivo
www.artaudpisa.noblogs.org

lunedì 24 novembre 2025

LA VOCE DEL PADRONE. Comunicato sulla sentenza di primo grado del processo sui maltrattamenti alla Stella Maris

 

LA VOCE DEL PADRONE

"Assolti" i dirigenti al processo sui maltrattamenti alla Stella Maris

Il processo di primo grado per i maltrattamenti nei confronti degli ospiti della struttura per persone con disabilità di Montalto di Fauglia, gestita dalla fondazione Stella Maris in provincia di Pisa, si è concluso, dopo 7 anni di dibattimento, il 4 novembre scorso con 10 condanne agli operatori e alle operatrici e 5 assoluzioni. Due operatori sono stati assolti. Assolti anche il direttore sanitario e le due dottoresse responsabili della struttura.

Hanno vinto i potenti.

Il dispositivo applica quasi appieno la tesi che la Stella Maris aveva caldeggiato sin dall'inizio. La giudice Messina ha condannato penalmente solo gli esecutori materiali delle violenze, ed evidentemente non poteva farne a meno: le immagini degli abusi e dei maltrattamenti erano e restano inequivocabili. L'assoluzione dei dirigenti medici, figure apicali, vorrebbe rappresentare un segnale chiaro: i piani alti non si toccano.

Ma, d'altro lato, alla Stella Maris è stata riconosciuta una responsabilità civile da quantificare in un futuro processo civile, qualora lo decideranno le famiglie.

E, si badi bene, non è poco.

Innanzitutto perché per molti mesi si è rischiato che tutto rimanesse impantanato sino all'arrivo della prescrizione, tanto era stata lenta e rallentata all'inizio la successione delle udienze. Poi perché, almeno in primo grado, una qualche forma di responsabilità, anche se solo civile, è stata comunque riconosciuta alla Stella Maris. Alla Fondazione spetta cioè il pagamento delle spese processuali, anche di quelle spettanti agli operatori condannati qualora non fossero in grado di sopperire autonomamente. Una parte di coinvolgimento anche per l'istituzione Stella Maris risulta dunque stabilita dai meccanismi della sentenza. Il "noi non c'entriamo nulla" che trapela dal conciliante comunicato del presidente della Fondazione (che si conclude con uno goffo appello al «Bene» con la "B" maiuscola) andrebbe perlomeno riconsiderato in questa prospettiva. Rimane lì a testimoniare solamente un malcelato imbarazzo nei confronti di una vicenda che ha gettato non poco discredito sulla sbandierata "eccellenza" dell'"Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico".


Rimane il fatto che la sentenza non soddisfa la richiesta di giustizia che le famiglie si sarebbero aspettate dopo anni di attesa. La tesi del pubblico ministero, che assegnava alle dottoresse la responsabilità maggiore per le violenze perpetrate all'interno della struttura, è stata di fatto ribaltata.

Colpevole non è chi aveva assunto personale non qualificato, chi aveva la gestione della struttura, chi doveva vigilare. Colpevole è, ancora una volta, solo la manovalanza, chi si è sporcato le mani in prima linea. Rimangono impuniti i responsabili delle assunzioni. È andato assolto chi doveva occuparsi della formazione del personale. È stata considerata non colpevole penalmente tutta la filiera della gestione e dell'organizzazione che avrebbe dovuto occuparsi della presa in carico e della cura dei ragazzi con disabilità, su su fino alle rappresentanze più alte.


Il primo a uscire di scena è stato il direttore generale Roberto Cutajar: dapprima condannato a due anni e otto mesi, poi assolto in appello con la motivazione che "le responsabilità della gestione e delle assunzioni andavano ricercate altrove", con il cavillo che lui era il responsabile dell'intera Stella Maris e non solo del presidio di Montalto. Le responsabili effettive della sede Stella Maris di Montalto sono state in seguito individuate nelle due dottoresse. Ma anch'esse alla fine sono risultate non condannabili. Siamo curiosi di conoscere quali argomentazioni saranno addotte nella motivazione della sentenza.

Perché rimane al momento inevasa una domanda cruciale: ma allora chi gestiva Montalto? Chi ne presiedeva l’organizzazione, la gestione, il controllo?

Un sottile velo di omertà ha coperto sin dall'inizio le vicende di un processo di per sé clamoroso e che avrebbe dovuto avere una ribalta nazionale. Si è trattato del più grande processo per maltrattamenti a persone con disabilità nella storia d'Italia. Eppure le telecamere sono state tagliate fuori sin dalla prima udienza. Con la motivazione che, secondo la giudice, non sussisteva alcuna rilevanza sociale per un evento di questa portata: 24 famiglie, 17 imputati, 284 episodi di violenza registrati dalle impietose microcamere (posizionate esclusivamente negli spazi comuni) in tre mesi. E per finire, la stessa giudice ha pensato bene di emettere la sentenza a porte chiuse. Erano presenti solamente alcune famiglie. Come se per i 7 lunghi anni della durata del processo l'aula fosse stata assediata da orde di parenti scomposti e irrispettosi. Eppure, mai un urlo di sdegno, mai un commento sopra le righe si è levato nell'aula.

Non davanti alle immagini delle sevizie sui propri cari, quando qualche genitore ha preferito uscire dall'aula piuttosto che inveire.

Non di fronte alle testimonianze di chi con arroganza parlava di "buffetti di simpatia", "linguaggio colorito", "strumenti inadeguati di relazione" da parte degli operatori.

Neanche di fronte a un consulente di parte che si permetteva impunemente di affermare che "quelle persone non sono neanche in grado di provare dolore".

E neppure quando, come se fosse una cosa normale, è venuta a galla l'aberrazione dei "tappeti contenitivi", comprati all'Ikea, spacciati come "un presidio di civiltà" per "evitare i lividi sui pazienti" prodotti dai consueti strumenti di contenzione fisica. Strumenti di contenzione che intanto continuavano a essere utilizzati, producendo fratture e traumi vari.

Di fronte a questa galleria degli orrori il pubblico e i parenti hanno mantenuto sempre un atteggiamento fin troppo rispettoso. Solo lacrime e dolore soffocato, nel rispetto di chi avrebbe dovuto assicurare loro una parvenza di giustizia.

Solo al termine della requisitoria del PM Pelosi, nella quale erano state individuate motivazioni e responsabilità di tanta violenza, a partire dalle figure apicali, si è levato dai banchi in fondo (luogo di costante presenza delle parti civili) un applauso lungo e liberatorio.


Eppure la Stella Maris sapeva. Risultano agli atti violenze compiute in quella struttura sin dal 2002. E nel 2009 un altro operatore aveva mandato al pronto soccorso un ospite per una ecchimosi e una frattura a un dito. E ancora nel 2014, quando lo stesso operatore avrebbe schiaffeggiato e schiacciato con le ginocchia un adolescente. Davanti a questa denuncia il direttore Cutajar sospenderà il responsabile, ma senza licenziarlo. Dalle intercettazioni telefoniche nei colloqui le dottoresse responsabili della struttura lamentavano di aver denunciato più volte i dipendenti violenti. «Questi quattro stronzi dovevano essere mandati via illo tempore perché noi abbiamo fatto tutte le segnalazioni all'istituzione, la quale si è ben guardata dal procedere...».

Ancora più inquietanti i messaggi dei genitori alla giornalista Maria Elena Scandaliato della Rai che provava a intervistarli: «Io ho paura. Me lo dico da sola che è una cosa sbagliata, ma io c'ho mio figlio lì dentro...». D'altronde il tono degli scambi telefonici tra i dirigenti della Stella Maris, intercettati, era questo: «I genitori sono ambigui, però io voglio dimettere tre persone, per dare un segnale ai genitori eh... Perché loro devono stare attenti!».1

E tutto questo accadeva mentre la struttura di Montalto di Fauglia propagandava sé stessa con queste parole tratte dalla sua "Carta dei servizi":

«La nostra filosofia di intervento è 'prenderci cura' oltre che curare, ascoltare e coinvolgere sia il paziente che i familiari. […] La nostra organizzazione è centrata sul modello del piccolo gruppo di pazienti condotto da educatori professionali e da assistenti con funzioni educative, che fungono da 'io' ausiliario o 'compagni adulti' dei pazienti, che li supportano concretamente e psicologicamente in ogni atto della vita quotidiana. I diversi programmi di trattamento sono differenziati sia sulla base dei protocolli che sulla base delle caratteristiche individuali di ogni ragazzo che è visto come portatore di affetti, bisogni emotivi, aspirazioni, competenze».


Hanno vinto i potenti.


Medici e sanitari dei reparti psichiatrici (e non solo) hanno avuto l'ennesima conferma di quella sorta di scudo penale che da sempre li protegge nell'esercizio delle loro funzioni. Troppe volte come Collettivo Artaud abbiamo assistito alla cerimonia inconcludente della giustizia dei tribunali. Questa sentenza assolutoria è solo l'ennesima di una lunga serie, con la conseguenza che all'aumento della presunzione di intoccabilità dei sanitari corrisponde un incremento del ricorso agli strumenti più controversi della pratica psichiatrica, di derivazione manicomiale: elettroshock, contenzioni, TSO.


La Fondazione (privata) Stella Maris continuerà a ricevere contribuzioni di milioni di euro da parte della Regione Toscana, che da parte sua si era guardata bene dal costituirsi parte civile al processo. E, al contrario, si era premurata di premiare l'eccellenza Stella Maris con il Gonfalone d'argento, massima onorificenza toscana, proprio nel 2021, quando il processo era nelle sue fasi più calde.


D'altronde non si può condannare chi sta spostando ulteriori decine e decine di milioni di euro. 27.830 mq su quattro livelli, 44 camere per la degenza, altrettanti ambulatori, 50 sale per l'osservazione terapeutica, 24.000 mq di parco. Sono le cifre del nuovo ultramoderno ospedale Stella Maris che sorgerà a Pisa, zona Cisanello. L'inizio dei lavori è stato inaugurato poco tempo fa in pompa magna da sindaco, vescovo e autorità varie, compreso il presidente della Regione. Quelle autorità che non hanno rivolto nemmeno una parola alla famiglie, di fronte allo scempio del dolore e delle immagini dei maltrattamenti e di un processo che è andato avanti per anni.


Non si può sospettare di chi agisce per conto del "Bene". «Nei nove anni che sono trascorsi dai fatti di Montalto di Fauglia», afferma ancora il comunicato di Stella Maris emesso dopo la sentenza di primo grado, «abbiamo impegnato tutte le nostre energie per migliorare sempre più le nostre attività riabilitative. Il nostro compito è sempre quello di dare il meglio con professionalità e soprattutto con il cuore, imparando dagli errori». A Marina di Pisa, la struttura che sostituisce Montalto di Fauglia da quando è stata chiusa, il personale è cambiato. Ma a Marina non può entrare nessun visitatore, neanche i genitori o i parenti dei ragazzi. Gli ospiti vengono accompagnati all'esterno dal personale quando i familiari vanno a prenderli.


Nel frattempo, all'interno di altre strutture chiuse, dove nessuno entra, dove non è previsto alcun tipo di controllo sociale, storie simili a quelle successe alla Stella Maris continuano a ripetersi, riproponendo intatti i dispositivi delle istituzioni totali. Imperia (Villa Galeazza), Manfredonia (Stella Maris), Foggia (Opera Don Uva), Como (Comunità Sacro Cuore), Cuneo (Cooperativa Per Mano), Ivrea (Ospedale di Settimo Torinese), Siracusa (strutture per disabili e anziani), Bologna (Villa Donnini), Perugia (Centro Forabosco), Decimomannu (Centro AIAS), Brescia (Comunità Shalom), tanto per citare solamente le più recenti. Botte, violenze, contenzioni meccaniche, maltrattamenti, insulti, umiliazioni.


Giustizia non è fatta.


Le pratiche manicomiali sopravvivono intatte e, malgrado le promesse della legge 180, continuano a seminare dolore. E le strutture che le utilizzano continuano a presentarsi all'esterno come paradisi di accoglienza e cura.

Troppe volte come collettivo Artaud ci siamo trovati a interagire con persone abusate dalla psichiatria. Troppe volte la giustizia dei tribunali si è girata dall'altra parte di fronte agli abusi perpetrati da un modello di psichiatria obsoleto e fallimentare.

Il potere giudiziario si è rivelato per l'ennesima volta connivente con il potere psichiatrico.


E noi continuiamo a pensarla come Fabrizio De André.


«Per quanto voi vi crediate assolti

siete per sempre coinvolti»


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

via San Lorenzo 38, 56100 Pisa

3357002669 antipsichiatriapisa@inventati.org

artaudpisa.noblogs.org



Collettivo Antipsichiatrico "Antonin Artaud" Pisa - 2007 antipsichiatriapisa@inventati.org