Intervista a Robert Whitaker, insieme al collettivo
Artaud, fatta a Radio Wombat il
13/10/2018
Intervistatore Ai microfoni di Radio Wombat Robert Whitaker ha presentato
il suo libro Indagine su un’epidemia presso
il CSA NexT Emerson. Qui con noi i
compagni e le compagne del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud. Iniziamo
dal libro: può spiegarci in breve di che cosa si tratta?
Robert
Il libro analizza come negli ultimi trentacinque anni abbiamo seguito
una storia in cui i disordini mentali venivano trattati esclusivamente con i
farmaci. In realtà, l’aumento del loro uso vede, contestualmente, anche quello
dei disordini mentali stessi.
Intervistatore Questo chiaramente è un paradosso, quali sono i motivi?
Robert Ce ne sono diversi. Il numero delle persone che vengono
diagnosticate come affette da disordine mentale è aumentato perché si sono
allargati i confini delle diagnosi che dunque, includono una casistica sempre
più estesa. Inoltre, gli effetti degli psicofarmaci sono stati studiati soltanto
relativamente a un loro utilizzo a breve termine; ben poco sappiamo degli
effetti conseguenti ad un loro uso a lungo termine, né, dunque, sappiamo se
questi effetti sono positivi. Il risultato è che le malattie mentali si
cronicizzano.
Intervistatore
La storia dei farmaci ci ha anche insegnato che questi si sono sempre
più affinati e sono perciò divenuti sempre più selettivi nell’incidere sulla
patologia. E’ questo il caso anche di quelli usati in psichiatria?
Robert
Si tratta di una mera tattica commerciale, per cui gli psicofarmaci ci
vengono presentati come sempre più specifici e tali che agiscono su una
particolare molecola. In realtà hanno sempre un’azione ad ampio raggio ed
investono molteplici molecole; è solo un trucco commerciale.
Intervistatore
Nel suo testo viene presentata proprio come un’operazione di marketing,
soprattutto quando si parla di uno squilibrio chimico.
Robert
Ci viene raccontato che lo squilibrio chimico viene risolto dai farmaci,
così come l’insulina viene somministrata ai diabetici, non è così. Non è mai
stato provato, ad esempio, che la schizofrenia sia provocata da uno squilibrio
chimico. Questo è il problema: la storia che viene raccontata è molto diversa
da quella fornita dai dati scientifici.
Intervistatore Andando nello specifico, ci terrei a menzionare la Jassen
Pharmaceutica per quanto riguarda la produzione di farmaci antidepressivi e la
Eli Lilly, un’azienda americana che ha una sede importante a circa centro metri
dal luogo dove è stato presentato il suo libro. Potrebbe darci delucidazioni
sull’utilizzo e i rischi relativi all’uso dei principali farmaci in
psichiatria?
Robert
Ogni psicofarmaco presenta dei rischi specifici e questi sono molto
legati ad un suo impiego a lungo termine, che rende la malattia cronica. Ad esempio,
gli antipsicotici hanno numerosi effetti collaterali come l’aumento del peso,
l’alterazione del metabolismo, la riduzione delle dimensioni del cervello. Gli
antidepressivi, invece, hanno un’enorme effetto sulla disfunzione sessuale;
provocano anastesia, ossia irrequietezza muscolare; generano disordini
gastrointestinali, comportamenti suicidi e disturbo bipolare. Per quanto
riguarda l’utilizzo degli psicofarmaci su minori, vediamo verificarsi episodi
psicotici ossessivo-compulsivi, alterazione dell’umore e della pressione
sanguigna.
Intervistatore
Ci ha spiegato, durante la presentazione del libro, che il boom degli
psicofarmaci è iniziato nel 1980 negli Stati Uniti e che attraverso un processo
che ci può raccontare di nuovo si è diffuso in tutto il mondo.
Robert
La narrazione dello “squilibrio chimico” comincia negli anni ’80, quando
fu pubblicata dagli psichiatri americani la 3° edizione del Manuale DSM, nel
quale la depressione, ad esempio, e altri disordini mentali, venivano
catalogati come vere e proprie malattie mentali. Anziché considerare questi
disturbi come episodi circoscritti, causati dai problemi normali della vita,
vennero diagnosticate come patologie permanenti e questo incrementò tantissimo
la vendita dei medicinali. Presto tale approccio si diffuse ovunque, attraverso
l’organizzazione di convegni ai quali venivano invitati, dietro ricompensa,
medici da tutto il mondo e dove venivano pubblicizzati i successi degli
psicofarmaci. Questi stessi medici venivano poi pagati dalle ditte farmaceutiche
per diventare a loro volta consulenti e diffondere la propaganda della storia
degli psicofarmaci; ebbe inizio la globalizzazione e la grande produzione degli
psicofarmaci. E’ stata una storia di grande successo.
Intervistatore
Storia che vede, tra l’altro, due anni prima del 1980, l’apparizione
della Legge Basaglia in Italia; legge che ha portato avanti principi piuttosto
diversi da quelli del marketing farmaceutico. Oggi possiamo dire che i vari
sistemi sanitari, compreso quello italiano, hanno accolto più i principi
farmaceutici piuttosto che quelli promossi da Basaglia. La domanda è: come
poter contrastare questa tendenza? Come poter offrire alternative alla semplice
assunzione di farmaci? Quali alternative ci sono?
Robert
Quando parliamo di alternative bisogna anche analizzare per quale tipo
di pazienti. Ad esempio, i pazienti che vengono ospedalizzati per grandi eventi
psicotici e poi fatti uscire. Ci sono esempi di trattamenti diversi: nel nord
della Finlandia è in uso la pratica del dialogo aperto; negli anni Settanta
negli Stati Uniti esisteva un programma
chiamato “Soteria” che prevedeva che le persone affette da disordini mentali
venissero alloggiate in appartamenti e poi seguite da operatori che se ne
prendevano cura. In questi casi si è potuto verificare un notevole abbassamento
della violenza.
Interventi
Collettivo Artaud Faccio parte del Collettivo
Antipsichiatrico di Pisa. Rispetto la Legge Basaglia, che, in effetti, è stata
rivoluzionaria in Italia e - ci ha detto anche Whitaker – è stata considerata
come un esempio in molte nazioni. Tuttavia, il messaggio di Basaglia purtroppo
è stato molto superato e questo lo vediamo anche nella nostra pratica come
Collettivo. C’è da dire che è vero che i manicomi come grandi luoghi concentrazionali
sono stati chiusi, ma sono state aperte trecentoventi SPDC, Reparti
Psichiatrici di Diagnosi e Cura, all’interno degli ospedali, dove le persone
vengono trattate con sistemi che riproducono quelli del manicomio. Così come
nelle tremiladuecento (forse più, ormai) strutture pubbliche e private
convenzionate. Possiamo dunque dire che se sono stati chiusi i grandi luoghi,
tuttavia il manicomio si è diffuso. Lo vediamo ad esempio nelle scuole e con i
migranti, ai quali spesso vengono applicate etichette psichiatriche e diagnosi.
Assistiamo, insomma, ad una medicalizzazione sempre più diffusa.
Intervistatore
Se, dopo la Legge Basaglia, abbiamo teso a diminuire la contenzione
fisica, è aumentata, invece, quella di tipo farmacologico. Tutto questo si può
considerare come un processo che va nella direzione di una minor contenzione
oppure no?
Collettivo Artaud
Dipende: la contenzione meccanica dovrebbe ormai essere superata, ma
quella farmacologica non è da meno. Francamente, se dovessi scegliere, forse
preferirei la prima. Quello a cui dovremmo arrivare è proprio il superamento
della contenzione stessa. Oggi Whitaker ci spiegava come poterlo fare,
descrivendo alcuni esempi di dialogo e di ascolto, perché, in effetti, i
conflitti vengono dall’esterno. E’ inutile ricondurre
sempre il problema alla persona: si tratta spesso di conflitti che gli
individui hanno con la società, con la famiglia, negli ambienti di lavoro. A
volte ci sono momenti di caduta, di depressione e se interviene la psichiatria
entriamo in un girone infernale dal quale, poi, è difficile uscire, perché la
maggior parte degli psichiatri ritiene che la malattia mentale sia come il
diabete, ossia qualcosa per cui curarti per tutta la vita. Questo è “l’inganno
psichiatrico” del quale parlava Whitaker oggi.
Collettivo Artaud Vorrei solo ricordare che in
questo Paese sono trecentoventi i reparti psichiatrici ospedalieri (Servizi
Psichiatrici di Diagnosi e Cura) dove, nell’80% dei casi, si usa ancora la
contenzione meccanica, quindi questo tipo di intervento non è stato affatto
superato; legare al letto una persona è considerato ancora uno strumento
terapeutico. La contenzione chimica rimane un problema; si fanno ancora
elettroshock.
Intervistatore
Vorrei fare l’avvocato del diavolo: ci troviamo all’interno di un
sistema che denuncia di non avere grandi risorse e la cura delle malattie
psichiatriche viene spesso demandata a strutture private, le quali hanno
dunque, a tutti gli effetti, carattere aziendale; per cui tendono ad utilizzare
metodi meno dispersivi, meno costosi, anziché creare un ambiente interno che
faciliti la guarigione. Parliamo di problemi teorici, ma non dobbiamo
dimenticare le difficili condizioni concrete, come quella di un ridottissimo
numero di operatori che devono occuparsi di molti pazienti. In queste
condizioni, ove non venisse praticata la contenzione, verrebbe messa a rischio
la sicurezza sul luogo di lavoro. Quindi, tutto deve cambiare, non solo
l’approccio terapeutico.
Collettivo Artaud
La Legge 180 non ha impedito il riorganizzarsi della psichiatria in base
al paradigma biologico, riproponendo la centralità degli squilibri chimici,
quando invece dovremmo approcciarci alle persone. Conseguentemente interventi
come la psicoterapia non vengono presi in considerazione. Le persone sono
diverse le une dalle altre, perciò la
terapia deve essere specifica e differenziata e basata sull’ascolto delle
rispettive problematiche. Si tende, invece, a dare una risposta unica per
tutti, il farmaco, che chiaramente costa meno, fa guadagnare le multinazionali
ed è di semplice utilizzo. Invece, l’intervento differenziato, di tipo
pedagogico e sociale, che agisce sul contesto della persona, è una spesa in
termini di soldi, tempo e formazione, ma è quello efficace, se davvero vogliamo
evitare di cronicizzare i disturbi mentali. Queste persone, poi, rimangono in
carico al Servizio Sanitario Nazionale e quindi sono comunque un costo.
Intervistatore
Abbiamo compreso che l’approccio farmacologico non può essere l’unico e
il principale per affrontare il problema della salute mentale. Può comunque
essere uno degli strumenti?
Robert
Il problema è che gli psicofarmaci sono usati come soluzione primaria e
a lungo termine; se invece fossero utilizzati saltuariamente, per
tranquillizzare i pazienti nei momenti di estrema difficoltà, per sedare
l’ansia, per indurre a dormire e quindi facendone un uso a breve termine,
allora il loro utilizzo sarebbe efficace. Solo un piccolo numero di persone
presenta effetti positivi dopo l’uso a lungo termine degli psicofarmaci, perché
comunque questi non curano la malattia.
Intervistatore
Analizzando gli aspetti che fanno sì che una persona stia bene, secondo
il concetto di salute che si è esteso al benessere fisico, psicologico e
sociale, possiamo dire che i bisogni che presenta una persona con problemi
mentali e quelli di una che non ce li ha non sono poi così diversi?
Robert
Sì. In questo modo possiamo davvero cambiare la storia, perché, anziché
vedere una persona che soffre per una
malattia, cerchiamo di modificare l’ambiente intorno a lei e cambiare la sua
vita. Una dieta sana, l’esercizio fisico, dormire regolarmente, una vita
sociale positiva, avere una vita significativa: queste condizioni possono
davvero creare un “cerchio positivo” intorno alle persone.
Intervistatore
E di questo “cerchio positivo” beneficia di più la persona che ha un
problema di salute mentale o la comunità che lo circonda?
Robert
Aiuteremmo entrambi. Infatti, se costruiamo una società in cui gli
adulti e i bambini stanno bene, allora tutti ne trarranno beneficio. Una
società nella quale ci sono tantissimi casi di disordini mentali è un
campanello d’allarme, come un canarino in una miniera. Vuol dire che c’è
qualcosa che non funziona.
Collettivo Artaud
Come Collettivo, vorrei proprio denunciare quello che sta succedendo
nella nostra società. Senz’altro è una società che crea disagio: i modelli che
ci vengono dati non aiutano certo a ritrovare se stessi e dunque a vivere bene
la vita. Lo vediamo anche nella pratica del Collettivo, dove abbiamo attivato
un telefono di ascolto ormai da molti anni e abbiamo ricevuto centinaia di
chiamate. Possiamo dire che la maggior parte dei problemi che le persone hanno
vengono dalla famiglia. La famiglia è spesso origine di disagio e questo si può
ben comprendere perché in un ambiente ristretto come quello di una casa in cui
una persona, ad esempio, è costretto a vivere con familiari con i quali non va
d’accordo, si possono generare gravi conflitti. Un altro esempio lo troviamo
nell’ambiente carcerario, dove ormai si dice che la maggior parte dei detenuti
soffre di turbe psichiche; è questa un’ulteriore testimonianza del fatto che
dove c’è una reclusione, una chiusura, c’è anche il rischio dell’insorgere
delle malattie mentali, che però non sono reali patologie psichiche quanto
piuttosto sociali, ossia indotte dal setting
in cui una persona vive. Altra testimonianza è quello che sta accadendo in
molti Paesi come la Palestina: nella Striscia di Gaza tutti i medici denunciano
che il 90% dei bambini soffre di malattie mentali da PTSD (disturbo da stress
post-traumatico), una nuova patologia che è stata introdotta per definire lo
stress che chiunque può avere vivendo in un luogo dove ci sono bombardamenti da
ormai dodici anni. E’ ovvio che un bambino sviluppa dei problemi, ma certo
questa non è malattia mentale, quanto piuttosto la reazione alle condizioni
difficilissime in cui vive. E quindi non è con gli psicofarmaci che si può
intervenire, come fanno molte OGN guidate dal Manuale Diagnostico Americano 5,
nel quale sempre più comportamenti vengono medicalizzati (credo che siamo a
quota trecentoventi).
Intervistatore La difficoltà economica è uno dei fattori che sviluppa
disagio mentale?
Collettivo Artaud
Certo, lo vediamo, ad esempio, con i migranti, che spesso sono vittime
della psichiatria, perché è più semplice trattarli con i farmaci piuttosto che
intervenire sulle cause del loro disagio. Tra l’altro denunciavo che la Regione
Toscana ha ricevuto un finanziamento di un milione di euro proprio per trattare
le vittime da tortura. In realtà poi vediamo che novecentocinquantamila di
questi euro sono stati destinati ai dipartimenti di salute mentale per curare
con i farmaci coloro che arrivano dalle guerre. E’ il connubio tra controllo e
business che rende la psichiatria così pericolosa.
Intervistatore
Questa era la testimonianza di un attivista del Collettivo Antonin
Artaud, che ha sede a Pisa; presenteranno il libro di Robert nei prossimi
giorni.
Collettivo Artaud Sì, domani sarà a Modena, lunedì
a Pisa, poi andrà a Roma, presso l’altro Collettivo, il Collettivo “Senza
Numero”. Siamo molto orgogliosi di aver organizzato questo tour per l’Italia
nei vari Collettivi e Telefoni Viola che si occupano di contrastare il potere
psichiatrico. Facciamo sportello di ascolto due volte al mese per le persone
che si sentono abusate dalla psichiatria. Siamo stati invitati il 18 ottobre alle
Oblate nell’ambito della Quarantennale delle celebrazioni della Legge Basaglia,
dove ci confronteremo anche con psichiatri e personaggi istituzionali; siamo
ben contenti di andare a dire la nostra a partire dalle nostre pratiche. Il 25
ottobre in Polveriera siamo stati invitati a parlare del teaser, la pistola elettrica usata per la prima volta a Firenze su
una persona che poi, guarda caso, è stata ricoverata con un TSO.
Intervistatore
Questa era l’ultima domanda che volevo porre a voi e a Robert, proprio
riguardo a questo fatto che uno strumento di repressione viene usato su persone
con disabilità psichica, come nel caso, appunto, del ragazzo ventiquattrenne
fiorentino, che era uscito dal reparto di psichiatria di santa Maria Nuova nove
giorni prima. E’ stato colpito con il teaser dai carabinieri perché - così
dicono loro – era nudo e infastidiva alcune persone.
Collettivo Artaud
Questo episodio ha colpito molto anche noi. Ci ha chiamato una persona
che aveva conosciuto questo ragazzo prima del ricovero in TSO; era chiaramente
un ragazzo in difficoltà che non ha trovato un aiuto nella nostra società ed è
finito così. Ci colpisce in particolar modo l’utilizzo del teaser perché, come
Collettivo, abbiamo scritto un libro sull’elettroshock e su come si è arrivati
ad usare la corrente elettrica sul corpo umano. Il teaser ci fa paura, ancor
più in mano alle forze dell’ordine.
Intervistatore
In Italia è in uso da pochissimo tempo, ma negli Stati Uniti so che ha
già fatto diversi morti.
Robert
Ci sono stati numerosi casi in cui è stata chiamata la polizia in
presenza di persone che manifestavano disturbi psichiatrici. La situazione
veniva risolta con l’uso del teaser, che provocava la morte per soffocamento.
Questo anche durante le marce pubbliche. Si stanno introducendo programmi di
training per la polizia, affinché venga educata a un comportamento meno
violento. Come sapete, negli Stati Uniti non solo viene usato il teaser, ma si
spara anche.