MARCO CAVALLO ESISTE ANCORA? Speciale di Sicilia Libertaria per i 40 anni di legge 180
MARCO CAVALLO ESISTE ANCORA? a 40
anni dalla Legge 180.
speciale SICILIA
LIBERTARIA luglio/agosto 2018
http://www.sicilialibertaria.it
Con articoli di Chiara Gazzola, di Giuseppe Bucalo (Soccorso
Viola) e del collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud. Sotto il nostro contributo.
RICOVERI,RICATTI, REPRESSIONE
L’Italia
è l'unico paese al mondo dove dal 1978 con la legge 180 i Manicomi sono stati
aboliti. Ma la riforma del sistema psichiatrico si è rivelata più verbale che
materiale: ai cambiamenti formali non sono seguite differenze sostanziali delle
condizioni di vita dei soggetti internati. Quello che è certo è che la
rivoluzione psichiatrica all’italiana ha riguardato solo i luoghi della
psichiatria, ma non i trattamenti e le logiche sottostanti. La legge 180 non ha impedito alla psichiatria di
riorganizzarsi intorno al paradigma biologico e a ridurre le pratiche
alternative ad un ruolo di secondo piano rispetto alle terapie farmacologiche.
L’uso
massiccio di sostanze e un corredo di narrazioni consolatorie hanno permesso
alla psichiatria di mitigare l’impatto sociale del crollo del modello
segregazionista e ripresentarsi quale garante credibile del controllo,
confinando lo scandalo dei manicomi dentro una storia passata. Ma ad oggi nei 320 reparti
psichiatrici, gli SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura e solo in una
ventina di essi non si usa la contenzione meccanica) e nelle oltre 3200
strutture psichiatriche residenziali e centri diurni sul territorio in molti
casi si sono conservati i dispositivi e gli strumenti propri dei manicomi,
quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla
contenzione.
La legge
Basaglia mantiene dunque inalterato il principio di manicomialità, in base al
quale chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato mentale” e
quindi rinchiuso. Lo stesso Franco
Basaglia, che è scomparso nel 1980 solo due anni dopo l'entrata in vigore della
legge 180, mise spesso in
guardia rispetto a facili entusiasmi
dovuti alla chiusura dei manicomi, considerando tale traguardo, non sufficiente
ad alterare quei meccanismi di delega sociale conferita alla psichiatria come
il controllo e il contenimento dei comportamenti giudicati disturbanti: ”E’
una legge transitoria, fatta per evitare il referendum e perciò non immune da
compromessi politici. Attenzione quindi alle facili euforie. Non si deve
credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi del malato di mente con
il suo inserimento negli ospedali tradizionali. La nuova legge cerca di
omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano al corpo, è
come se volessimo omologare i cani alle banane”.
Se
l'articolo 32 della Costituzione garantisce il diritto alla libera scelta del
luogo di cura e quindi la volontarietà degli accertamenti sanitari, con la
legge 180 e la successiva 833/78 non si sono chiusi gli OPG (Ospedali
psichiatrici Giudiziari) oggi trasformati in REMS (Residenze Esecuzione Misure
di Sicurezza) e non si è vietato pratiche disumane come la contenzione
meccanica e l’elettroshock. Invece si stabiliscono dei casi in cui il ricovero
può essere effettuato indipendentemente dalla volontà dell'individuo: è il caso
del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e dell' ASO (accertamento
sanitario obbligatorio).
La legge
stabilisce che il TSO può essere eseguito solo se sussistono tre condizioni:
l'individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti
interventi terapeutici; l'individuo rifiuta la terapia psichiatrica;
l'individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero
ospedaliero.
Subito
ci troviamo di fronte ad un problema: chi stabilisce lo “stato di necessità”
della cura psichiatrica, l'urgenza dell'intervento terapeutico? E, in che modo
si dimostra che il ricovero ospedaliero è l'unica soluzione possibile? Risulta
evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano di fatto al
giudizio arbitrario di uno psichiatra, giudizio cui generalmente il sindaco,
che dovrebbe insieme al giudice tutelare agire da garante del paziente, di
norma non si oppone.
Il
rifiuto delle cure è praticamente l'unica delle condizioni a poter essere
invalidata, ma è frequente che il ricovero prosegua anche se il paziente non
rifiuta le cure.
Il
ricovero, durante il quale si sottosta ad un regime terapeutico imposto, ha una
durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all'interno di reparti
psichiatrici di un ospedale pubblico; deve essere disposto con provvedimento
dal sindaco del comune di residenza su proposta motivata da un medico e
convalidata da un medico psichiatra operante nella struttura sanitaria
pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il sindaco deve inviare il
provvedimento e le certificazioni mediche al giudice tutelare operante sul
territorio il quale lo deve notificare e, entro 48 ore, convalidare o meno. Lo
stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO venga rinnovato
oltre i 7 giorni.
Se in
teoria la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il
rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la
psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure
giuridiche e mediche necessarie per effettuare il TSO vengono aggirate, nella
maggior parte dei casi i ricoveri coatti vengono eseguiti senza rispettare le
norme che li regolano e spesso seguono il loro corso semplicemente per il fatto
che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti di cui gode il
ricoverato. Molto
spesso prima arriva l'ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico
(SPDC) e poi viene fatto partire il provvedimento.
Diffusa
è la pratica di mascherare tramite pressioni e ricatti, i TSO con ricoveri
volontari. Spesso il paziente viene trattenuto dopo lo scadere del TSO in
regime di TSV (trattamento sanitario volontario) senza essere messo a
conoscenza del fatto che può lasciare il reparto, oppure, persone che si recano
in reparto in regime di TSV vengono poi trattenute in TSO al momento in cui
richiedono di andarsene. L'ASO funziona come trampolino di lancio per portare
la persona in reparto, dove verrà poi trattenuta in regime di TSV o TSO a
seconda della propria accondiscendenza agli psichiatri.
Tutto
questo è frutto non solo delle potere medico-psichiatra, ma anche delle
pressioni e intimidazioni più o meno dirette che le persone subiscono in ambito
familiare e sociale.
Per i
pazienti ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora
al''isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci
somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla
docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Molto spesso il depot (la puntura
intramuscolo bisettimanale o mensile) è un metodo invasivo vissuto come
un’intrusione forzata che comporta indesiderabili effetti collaterali, tra i
quali grave rallentamento delle capacità cognitive e confusione mentale, che
non si devono strumentalmente considerare sintomi patologici ma esclusivamente
effetti della terapia psichiatrica somministrata per depot. Inoltre la
“comodità” per il CIM (Centro Igiene Mentale) dell'iniezione mensile, rispetto
alla terapia per somministrazione orale, non giustifica l'esposizione del
paziente a effetti indesiderati tanto violenti, fisicamente rischiosi e
psicologicamente devastanti. Il
grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una
settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è
sottoposti.
Ecco
come l'obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente la reclusione in
una struttura, ma si trasformi nell'impossibilità di modificare o sospendere il
trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto
sfruttato come strumento di ricatto e repressione.
Collettivo
Antipsichiatrico Antonin Artaud
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