Resoconto del presidio antipsichiatrico al carcere della Dozza del 28 gennaio 2023
Resoconto
del presidio antipsichiatrico al carcere della
Dozza
Sabato
28 gennaio a Bologna sotto la Dozza siamo arrivate in moltissime
davanti le sezioni femminili per portare il nostro calore e la nostra
solidarietà alle detenute, per contestare l'articolazione tutela
salute mentale e la recente sezione "nido" costruita
accanto. Non abbiamo ricevuto risposte dall'interno perché la
posizione più vicina alle sezioni non permette di comunicare, ma
abbiamo testimonianza che le nostre voci da fuori sono riuscite ad
arrivare dentro. Abbiamo condiviso con le recluse la nostra ostilità
verso la sezione psichiatrica - affinché nessuna mai finisca isolata
in un repartino! Inoltre, nonostante gli Opg siano stati chiusi sulla
carta i reparti psichiatrici in carcere oggi rischiano di estendersi.
Proprio di recente la sezione psichiatrica alla Dozza è stata
millantata sui giornali come modello da allargare a tutto il carcere
per la "gestione degli eventi critici” e dei "comportamenti
problema" e come addirittura tutto il femminile sia stato
indicato come esempio di "come dovrebbe essere il carcere",
il "carcere che funziona". Al contrario è un'istituzione
totale dove chi non si adatta al contesto, esprime disagio,
difficoltà emotive o squilibri a causa della stessa reclusione
rischia trenta giorni di trattamento sanitario obbligatorio
prorogabili, che possono tradursi in mesi di isolamento. Abbiamo
ribadito la nostra ostilità ad ogni contenzione psicologica, fisica,
farmacologica, al carcere, alla psichiatria e ad ogni gabbia! Per
quanto istituzioni e media tentino di mistificare la realtà,
sappiamo che la quotidianità in carcere rimane impossibilità ad
accedere a misure alternative, isolamento e psichiatrizzazione.
Lavori e progetti sono presso che assenti, ridotti a sfruttamento e a
stereotipi di genere. C'è una concreta difficoltà ad accedere a
cure, visite specialistiche e a scegliere i propri percorsi
terapeutici.
Abbiamo
condiviso la nostra avversità alla recente sezione "nido",
costruita accanto all'articolazione tutela salute mentale in piena
emergenza sanitaria, quando la direzione del carcere di Bologna al
posto di scoraggiare la detenzione ha investito nell’allestimento
di una sezione per detenute madri con bambini fino a tre
anni.
Abbiamo
condiviso l'assoluta necessità che madri e bambini stiano insieme ma
fuori dal carcere e che se persino il garante ha dichiarato di
sentirsi preoccupato per la vicinanza con l'articolazione
psichiatrica, da dove giorno e notte uscirebbero grida e lamenti, noi
siamo sconvolte, allarmate, arrabbiate, che questa condizione venga
normalizzata.
Sui
media di recente è stato detto che "sembra di non essere in
carcere", come se qualche ninnolo appeso e le pareti dipinte di
lillà possano cancellare l'oppressione dell'isolamento e della
detenzione.
Abbiamo
salutato le recluse con la promessa di tornare presto, dopo di che ci
siamo spostate al maschile, dove la posizione permette di comunicare
con i detenuti.
Appena
sotto al maschile le grida di aiuto hanno iniziato ad esplodere. In
moltissimi hanno subito segnalato il nome di un detenuto in protesta
per l'impossibilità di accedere al lavoro "Si è cucito la
bocca!! Aiutatelo!!". Ci hanno raccontato di uno sciopero della
fame e della sete di una settimana. Ci hanno detto che non solo è
impossibile accedere al lavoro, ma anche allo studio e alle più
elementari esigenze. Hanno denunciato l'assenza di acqua o che dai
rubinetti ne esce pochissima. Hanno raccontato non solo del numero
ridotto, ma anche della mancanza di fiducia verso quei pochissimi
medici ed educatori presenti, letteralmente al servizio della
penitenziaria.
Un
recluso si è molto esposto, ha riportato che tantissimi non hanno
nessuno da incontrare "Non vedono mai nessuno, non fanno
colloqui con nessuno!". Ha detto che sono letteralmente
abbandonati dentro, che in moltissimi potrebbero uscire ma scontano
pene oltre la detenzione perché
i magistrati di sorveglianza sono in ferie, non ci sono e non
scarcerano. "Non rispondono a nessuna richiesta!", tanti
hanno pene pari o inferiori a tre anni, ma a causa delle condizioni
ostative non possono accedere a benefici o a misure alternative. Ha
sottolineato come moltissimi rimangano dentro perché
non hanno disponibilità economica per pagarsi la difesa, mentre chi
ha soldi e potere riesce a ottenere sconti facilmente. Ha denunciato
la presenza di persone in condizioni di fragilità psichica, disabili
e gravemente
malati senza cure o assistenza, che secondo lui non dovrebbero
trovarsi in carcere. Gli abbiamo detto che esponendosi così tanto
dalla cella avrebbe potuto avere ripercussioni, ci ha detto che erano
passati, che aveva appena ricevuto un richiamo, gli avevano chiesto
se era stato lui a chiamarci. Ci ha raccontato della figlia che non
vede da un anno e mezzo e di aver provato anche lui "a fare la
corda" (impiccarsi). Abbiamo interagito e portato tutto il
calore e la solidarietà possibile.
E'
stato un presidio duro da portare a casa. Abbiamo lasciato alcuni
indirizzi a cui scrivere e preso i riferimenti necessari per
sostenere le gravi situazioni segnalate, con la promessa che saremmo
tornate.
Continueremo
a lottare contro il carcere, la psichiatria, la tortura del 41 bis e
delle misure ostative, per il definitivo superamento di ogni forma di
prigionia!
Assemblea
Antipsichiatrica