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anni di TSO illegittimi:
la Corte Costituzionale svela le omissioni che hanno negato i diritti
fondamentali
La
Corte costituzionale, con la sentenza n. 76 del 2025, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale parziale dell’articolo 35
(Trattamento Sanitario Obbligatorio) della legge 833/1978, che
istituisce il servizio sanitario nazionale (ex articolo 3 delle legge
180/78 cosiddetta “legge Basaglia ”).
La
sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 35
in relazione alla mancata previsione di tre garanzie fondamentali: il
diritto all'informazione e comunicazione del provvedimento alla
persona interessata o al suo legale rappresentante (avvocato,
amministratore di sostegno, tutore o curatore); il diritto della
persona a essere sentita prima della convalida; la
notifica del provvedimento di TSO alla persona interessata o al suo
legale rappresentante.
Il
giudizio di legittimità costituzionale era stato sollevato dalla
Corte di Cassazione nel settembre 2024 nel corso di una controversia
promossa da una donna sottoposta a TSO a Caltanissetta. La donna,
tramite il suo avvocato, aveva presentato opposizione lamentando di
non aver ricevuto alcuna notifica, di non essere stata ascoltata dal
giudice e di non avere avuto strumenti effettivi per difendersi. La
Cassazione, valutando il ricorso, aveva posto in evidenza una serie
di gravi lacune nel procedimento, affermando che «la mancata
audizione della persona da parte del giudice tutelare prima della
convalida rende il controllo giudiziale meramente formale». I
giudici della Corte costituzionale, in seguito al ricorso presentato
dalla donna in Cassazione, hanno rilevato come l'articolo 35 della
legge 833 non garantisca adeguate tutele, evidenziando che «il
sindaco e il giudice tutelare comunicherebbero tra loro, ma nessuno
dei due comunicherebbe con il paziente».
Cosa
succederà da adesso in poi?
In
teoria la sentenza della Corte Costituzionale dovrebbe avere effetto
immediato su tutti i procedimenti in corso e su quelli futuri. I
sindaci, in qualità di autorità sanitarie locali, dovranno
garantire quindi, ai sensi del pronunciamento, che il provvedimento
sia notificato alla persona o al suo legale rappresentante. I giudici
tutelari saranno obbligati quindi ad ascoltare l’interessato prima
di convalidare il trattamento. La mancata osservanza di tali garanzie
potrà determinare l’illegittimità del TSO. Di prassi, il
legislatore dovrebbe inoltre intervenire per adeguare il testo
normativo al nuovo orientamento costituzionale.
Abbiamo
ritenuto opportuno approfondire i meccanismi interni della Sentenza.
Secondo
la Corte costituzionale l’assenza della tempestiva informazione
sulle modalità di opposizione, costituisce «un ostacolo rilevante
all’esercizio del diritto a un ricorso effettivo alla difesa e, in
ultima istanza, a un giusto processo», anche se la 833 prevede
la
possibilità di chiedere la revoca del provvedimento di TSO e di
proporre successiva opposizione di fatto. La Corte Costituzionale ha
sostenuto quindi che la non comunicazione, la mancata audizione del
giudice tutelare e la mancata convalida del provvedimento del TSO
rappresentino «una violazione del diritto al contraddittorio, e alla
difesa, dunque un deficit costituzionalmente rilevante». Ha fatto
appello in particolare ad articoli fondamentali della Costituzione:
il 13, sulla libertà personale, il 24, sul diritto di difesa in
giudizio, e il 111, sul giusto processo.
La
Consulta ha stabilito che la persona sottoposta a Tso deve essere
messa a conoscenza del provvedimento restrittivo della libertà
personale e deve partecipare al procedimento di convalida, in quanto
titolare del diritto costituzionale di agire e di difendersi in
giudizio, anche nel caso in cui si trovi in stato di «incapacità
naturale».
Nella
sentenza è scritto inoltre che l’audizione della persona
sottoposta a TSO
da parte del giudice tutelare debba avvenire prima della convalida
«presso il luogo in cui la persona si trova – normalmente un
reparto del servizio psichiatrico di diagnosi e cura”, perché
questo incontro tra paziente e giudice «è garanzia che il
trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di violenza
fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà
personale (articolo 13, quarto comma, della Costituzione) e nei
limiti imposti dal rispetto della persona umana (articolo 32, secondo
comma, della Costituzione)». L’audizione per la convalida – che
deve avvenire entro quarantotto ore – rappresenta un primo contatto
che consente al giudice tutelare di conoscere le condizioni della
persona, compresa «l’esistenza di una rete di sostegno familiare e
sociale».
La
sentenza della Corte Costituzionale ha fatto anche riferimento al
rapporto del CPT (Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura)
che nel 2023 ha segnalato che il TSO in Italia segue un «formato
standardizzato e ripetitivo» in cui il giudice tutelare «non
incontra mai i pazienti che che rimangono disinformati sul loro
status legale». La Corte non si è limitata solamente alla questione
TSO, mettendo giustamente in discussione l'analogo dispositivo
amministrativo restrittivo della libertà personale che riguarda i
migranti senza documenti: «l’accompagnamento coattivo alla
frontiera e il trattenimento dello straniero nei centri di permanenza
per il rimpatrio devono essere assistiti dal diritto di essere
ascoltati dal giudice in sede di convalida, sicché sarebbe
irragionevole e lesiva del principio di eguaglianza l’omessa
previsione di analogo adempimento nel trattamento sanitario
coattivo».
Il
primo dato di fatto:
è stata applicata una procedura carente di garanzie costituzionali
per quarantasette anni.
Se il TSO è stato costituzionalmente illegittimo fino ad ora chi ci
garantisce che le cose cambieranno?Con
che modalità queste persone saranno ascoltate? Tuteleranno la
libertà e il diritto di difesa della persona che la sentenza della
Corte Costituzionale, in maniera precisa, definisce? Malgrado la
sentenza abbia riportato a chiare lettere che l'audizione debba
avvenire nello stesso luogo in cui la persona si trova, il tribunale
di Milano ha già chiesto l'attivazione di un numero per fare le
audizioni in videochiamata. Il rischio è dunque che questa nuova
procedura venga risolta aggirando i dispositivi più tutelanti, in
barba alla stessa sentenza. Quale tutela, quale salvaguardia di
diritti potrebbe assicurare una videochiamata, magari in presenza di
personale sanitario, con un paziente già sedato? In queste
condizioni immaginiamo i giudici tutelari convalidare i TSO come un
atto meramente burocratico: tutt'altro che come garanzia di controllo
sul divieto di violenza fisica e morale indicato nella sentenza.
Se
-in teoria- la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati
e nel rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata
da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Sappiamo bene, come
Collettivo Artaud, in venti anni di esperienze accumulate con le
nostre lotte contro le pratiche manicomiali, che il preciso
protocollo della procedura di imposizione di TSO molto spesso non è
applicato, e che il TSO non è affatto un provvedimento usato come
extrema
ratio.
Troppo spesso le procedure giuridiche e mediche durante il TSO
vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono
eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro
corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza
delle normative e dei diritti della persona.
L'inganno
del sistema psichiatrico sta nel credere che un TSO duri in fondo
solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore. La verità è che
il TSO implica una coatta presa in carico della persona da parte dei
Servizi di salute mentale del territorio che può durare per decenni.
Una volta entrato in questo meccanismo infernale, una volta bollato
con lo stigma della "malattia mentale", il paziente vi
rimane invischiato a vita, costretto a continue visite psichiatriche
e soprattutto, alla somministrazione obbligatoria di psicofarmaci,
pena un nuovo ricovero coatto. Per i ricoverati in TSO si ricorre
ancora spesso all’isolamento e alla contenzione fisica, mentre i
cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza
di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole
ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può
raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per
il bombardamento chimico a cui si è sottoposti.
Ecco
come l’obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente e
solamente la reclusione in una struttura, ma si trasformi
nell’impossibilità di modificare o sospendere il trattamento
psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto
sfruttato come strumento di ricatto, punizione e repressione.
Ma
in realtà come Collettivo riteniamo che ci sia una seconda,
ulteriore, considerazione di cui tenere conto.
La
Sentenza n. 76 del 2025, pur non menzionando esplicitamente la
contenzione meccanica offre, a nostro avviso, un forte potenziale
interpretativo critico. Il nucleo della pronuncia è il rafforzamento
del controllo giurisdizionale sul TSO, tramite l'audizione
preventiva e in loco
della persona da parte del giudice tutelare. La Corte esplicita, ed è
questo l’elemento che vorremmo sottolineare, che tale audizione è
«garanzia
che il trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di
violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della
libertà personale»
(Art. 13, comma 4 Cost.) e «nei
limiti imposti dal rispetto della persona umana»
(Art. 32, comma 2 Cost.). Inoltre, la sentenza parla di «audizione»
,
quindi di ascolto.
Deducendo
da ciò: La contenzione
meccanica,
essendo una limitazione fisica diretta e potenzialmente lesiva della
dignità, rientra a pieno titolo nelle «violazioni
fisiche e morali»
e nel mancato «rispetto
della persona umana».
Difficilmente si può pensare che, ascoltando la persona in stato di
malessere si possa poi procedere a legarne gli arti o a limitarne la
mobilità in modo pesantemente coercitivo.
La
sentenza, esigendo un controllo giudiziale non più formale ma
sostanziale sulla concreta esecuzione del trattamento, rende ogni
ricorso alla contenzione immediatamente sindacabile
e, riteniamo, censurabile sotto il profilo di questi inderogabili
principi costituzionali. La sua applicazione, pertanto, è ora
direttamente e immediatamente riconducibile a una possibile
violazione dei diritti fondamentali della persona, richiedendo una
strettissima aderenza ai criteri di necessità ed eccezionalità per
sfuggire alla qualificazione di violenza costituzionalmente
illegittima.
Collettivo
Antipsichiatrico Antonin Artaud
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